Quando tradizione e modernità si abbracciano
DOMENICA, 28 AGOSTO 2011 LA REPUBBLICA - Bari
Il Concertone valorizza equilibri ancestrali di una società contadina
Luigi Chiriatti: qui abbiamo una memoria spezzata che è necessario ricomporre
La Notte della Taranta parte dalla ricostruzione di una cultura antica e dalla valorizzazione di equilibri ancestrali e fragili di una società contadina che aveva vissuto in un equilibrio autarchico, pieno di contraddizioni, paganesimi, povertà ed ingiustizie, di donne sotto il gioco del caporale e dei mariti.
La gente iniziò a venire in Salento ai primi anni ‘90 perché trovava qualcosa che altrove si era perso e che qui si stava provando a recuperare. Era un luogo che si era protetto, almeno in parte, dalle aberrazioni del turismo di massa. Nelle mie tante peregrinazioni ho fatto domande a tanta gente. Luigi Chiriatti è uno dei fondatori del Canzoniere Grecanico Salentino e direttore editoriale di Kurumuny.
Cosa è cambiato nella cultura tradizionale salentina dal tarantismo ad oggi?
«È cambiato il contesto e l´immaginario. Abbiamo una memoria spezzata, da ricomporre. È fondamentale, perché si riferisce a sistemi di riferimento coerenti con le pratiche. Se sviluppassimo per bene questa ricerca sulla nostra cultura potremmo diventare un modello egemone, con uno sviluppo basato su turismo, agricoltura e biosfera. A me non interessa che la tradizione sia cantata differentemente, l´importante è che si allarghino le progettualità della cultura del territorio. Bisogna educare le persone. Se abbiamo un progetto forte e grosso si può puntare ad un progetto eticamente pulito. A quel punto ben vengano i riflettori della Notte della Taranta».
A Sergio Blasi, deus ex machina della Notte della Taranta, per anni sindaco di Melpignano, chiedo quale sia il rapporto tra la Notte della Taranta e la cultura tradizionale salentina.
«Sotto il profilo politico, il torto più grande che si possa fare alla cultura popolare è riproporre la tradizione. Mistificare non porterebbe da alcuna parte. Un tempo c´erano microcomunità che si muovevano. Sarebbe assurdo e scellerato riproporre un mondo arcaico che aveva drammi come quello delle vedove bianche, ad esempio».
Il Salento è il primo caso in Italia di perfetto equilibrio tra turismo e cultura. Non c´è il pericolo, attraverso questi grandi eventi, di determinare un deterioramento dei caratteri culturali e paesaggistici che la contraddistinguono?
«La politica deve costruire opportunità e benefici per i cittadini. Questa terra come tutto il Sud è contraddistinta da secoli di povertà. Intere generazioni sono partite per il mondo per fame. Il Salento però non è più periferia, proprio grazie a queste scelte politiche e culturali. La Notte della Taranta non è marketing territoriale. L´idea di base è che la cultura può essere una grande infrastruttura che modifica le politiche».
La Notte della Taranta si è rivelata una formula forse contraddittoria ma vincente. Ecco come mi piacerebbe pensare questa festa, come un luogo di identità e costruzione di comunità.
E il pensiero corre a Uccio Aloisi, al quale è dedicato il festival, amante di stornelli, uomo dalla bella voce. Per secoli, per millenni, c´è sempre stata nel suo viso antico, in ogni ruga, una semina, una canzone. Non esiste un pensiero contadino senza Uccio Aloisi. Perché senza un cantastorie non esiste comunità. Lui, Mick Jagger del Salento, conosceva la regola della musica. Far star bene la gente. Se c´è qualcuno che ha saputo raccontare una storia in Salento fuori dal tempo, nel tempo, è lui. Umorale, scorbutico, senza rispetto. Cantava sempre "Fiori di tutti i fiori", stornello meraviglioso. Immagino il Salento frutto di bei fiori che siano potuti nascere dalla terra, in un luogo amaro. Perché, come cantava De Andrè, "dai diamanti non nasce nulla, dal letame nascono i fiori".