BresciaOggi, Martedì 15 Luglio 2008
Dalla ricerca d’archivio riemerge la storia della chiesa fantasma
Non sarà il sacro Graal, ma diversamente dal mitico boccale, è un monumento sulla cui leggenda si è fatta definitivamente chiarezza, restituendo alla comunità di Castelcovati un’identità e una certezza su cui si era a lungo fantasticato.
STIAMO PARLANDO della chiesetta di Santa Maria delle Nuvole che già nel nome conserva il mix di culto e magia capace di ricondurre la memoria al primo Ottocento. Un’epoca nella quale sono nate le ultime storie, gli ultimi racconti di una tradizione orale che si è tramandata sino ad oggi, senza tuttavia lasciare alcun riferimento certo sulla sua collocazione.
Già perché con il suo abbattimento nulla si seppe più di quella chiesa e della sua posizione, se non fosse stato per Sergio Onger, docente di Studi sociali all’Università di Brescia, che a furia di ricerche è riuscito a rintracciare il luogo in cui sorgeva la sacra costruzione, rinvenendo una mappa censuaria del 1839 ma soprattutto, ironia della sorte, la planimetria redatta dall’ingegner Lorenzo Ridolo nel 1940 in occasione della sua demolizione. Oggi si sa dunque che quella costruzione si trovava nella località campestre di via Comezzano, a pochi metri dalla cascina Santa Maria. La chiesa era il «luogo ameno» per eccellenza della comunità che qui, in occasione della festa di Sant’Alberto, si radunava in festeggiamenti che spesso andavano sopra le righe.
«LA CHIESA, il campanile e la sacrestia – ricorda Onger – vennero rasi al suolo nel 1841 dall’impresario Pietro Cattori che aveva il compito di ristrutturare la cascina detta Fienile delle Nuvole, ancora oggi esistente in via Comezzano e riattata proprio grazie ai mattoni ricavati dalla demolizione della chiesa».
Rovistando tra gli archivi, Onger ha ricostruito la storia di una chiesa amata da tutti e da nessuno, visto che gli stessi parroci dell’epoca lo consideravano un luogo di culto con troppi risvolti «mondani». Un giudizio sicuramente condizionato dal fatto che la proprietà della chiesa non era della parrocchia, bensì dell’ordine degli olivetani di Rodengo Saiano, prima di essere ceduta alla Casa di Dio di Brescia. Ma anche negli ultimi anni di vita Santa Maria delle Nuvole fu invisa ai parroci che, dopo il trasferimento della statua di S. Alberto, plaudirono, alla decisione di abbatterla presa dai proprietari. M.MA.
Dalla ricerca d’archivio riemerge la storia della chiesa fantasma
Non sarà il sacro Graal, ma diversamente dal mitico boccale, è un monumento sulla cui leggenda si è fatta definitivamente chiarezza, restituendo alla comunità di Castelcovati un’identità e una certezza su cui si era a lungo fantasticato.
STIAMO PARLANDO della chiesetta di Santa Maria delle Nuvole che già nel nome conserva il mix di culto e magia capace di ricondurre la memoria al primo Ottocento. Un’epoca nella quale sono nate le ultime storie, gli ultimi racconti di una tradizione orale che si è tramandata sino ad oggi, senza tuttavia lasciare alcun riferimento certo sulla sua collocazione.
Già perché con il suo abbattimento nulla si seppe più di quella chiesa e della sua posizione, se non fosse stato per Sergio Onger, docente di Studi sociali all’Università di Brescia, che a furia di ricerche è riuscito a rintracciare il luogo in cui sorgeva la sacra costruzione, rinvenendo una mappa censuaria del 1839 ma soprattutto, ironia della sorte, la planimetria redatta dall’ingegner Lorenzo Ridolo nel 1940 in occasione della sua demolizione. Oggi si sa dunque che quella costruzione si trovava nella località campestre di via Comezzano, a pochi metri dalla cascina Santa Maria. La chiesa era il «luogo ameno» per eccellenza della comunità che qui, in occasione della festa di Sant’Alberto, si radunava in festeggiamenti che spesso andavano sopra le righe.
«LA CHIESA, il campanile e la sacrestia – ricorda Onger – vennero rasi al suolo nel 1841 dall’impresario Pietro Cattori che aveva il compito di ristrutturare la cascina detta Fienile delle Nuvole, ancora oggi esistente in via Comezzano e riattata proprio grazie ai mattoni ricavati dalla demolizione della chiesa».
Rovistando tra gli archivi, Onger ha ricostruito la storia di una chiesa amata da tutti e da nessuno, visto che gli stessi parroci dell’epoca lo consideravano un luogo di culto con troppi risvolti «mondani». Un giudizio sicuramente condizionato dal fatto che la proprietà della chiesa non era della parrocchia, bensì dell’ordine degli olivetani di Rodengo Saiano, prima di essere ceduta alla Casa di Dio di Brescia. Ma anche negli ultimi anni di vita Santa Maria delle Nuvole fu invisa ai parroci che, dopo il trasferimento della statua di S. Alberto, plaudirono, alla decisione di abbatterla presa dai proprietari. M.MA.