LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO -
Nell'agro di Viggianello, a Rotonda e sul Pollino si organizzano succulente sagre all'aperto
dal sito "gdmland.it" 19/03/2003
I fuochi accesi hanno il potere di risvegliare la natura e annunciare l'arrivo della Primavera
NEMOLI
Plenilunio e falò propiziatori hanno salutato la notteappena passata la festa di S. Giuseppe l'avvento dellaprimavera e non solo, anche in Basilicata. Comune a quasi tuttala dorsale appenninica lucana - e riscontrabile in molte zonedella penisola - l'usanza, una volta, era riferibile pure alla primadomenica di Quaresima in tutta Europa. Altra data calendariale ecapodanno contadino, oggi tributata al Padre putativo di Gesù epatrono dei falegnami, il 19 marzo non è quindi soltanto laconsumistica «festa del papà», quanto una manifestazionepopolare, che nella sua semplicità arcaica attinge a cerimonialiarcaci e pagani in onore del «dio sole». I falò, oggi ancoraaccesi hanno motivo di esistere per diversa ragioni, non ultimaquella di risvegliare la natura secondo i cicli stagionali e dellarigenerazione cosmica. Al pari delle cataste ardenti in onore diSant'Antuono, specie sulla collina materana, le pire di S.Giuseppe hanno carattere lustratorio e apotropaico. Servonocioè ad allontanare gli spiriti maligni e le avversità stagionali. Lapratica, oggi assoggettata dalla religione cristiana, rispecchiatutti gli elementi che caratterizzavano i fuochi primordiali - comesi legge nelle intuizioni di James Frazer ne «Il ramo d'oro». Sicapisce così la similitidine che si riscontra nei «Focarazzi 'i SanG'sepp» di castelluccio Inferiore con le più celebri «fogarazze»romagnole del poeta-sceneggiatore Tonino Guerra, esaltate inquel capolavoro di Federico Fellini che è «Amarcord». Vicino atali focolari si dialoga, si mangia e si beve, si balla e piùscatenate sono le danze maggiori e migliori saranno i raccolti.Ma c'è di più il salto sulle fiamme come il passaggio sul fuocoquasi spento di persone e animali serve a purificare da malannied è beneaugurante per la prole. L'abitudine, poi, di conseravrnecome amuleti dei resti o braci per portarli nelle case o didisperderne le ceneri nei campi e persino nei pollai, serve a«benedire e proteggere» le mura e aumentare la quantità diuova.Si spiega così l'intento ludico di rubare - ma si tratta di un furtoautorizzato - di «frascine» in quel di Castelluccio. Rami diginestre, olivo, sarmenti di vite provienenti dalla potatura portanoin alto le lingue di fuoco. Tra le fiamme, nei vicoli e negli slarghi,anche sedie, mobili e suppellettili, a significare il vecchio che sene va. Un po' come accade con la bruciatura della«Segavecchia» , paragonabile alla befana e forse di più allestreghe dell'inquisizione o, più semplicemente, il fantocciodell'anno che passa (anche impersonificato dal Carnevale).Così per un magico incanto minuscoli camini all'aperto,impreziositi da succulente sagre all'aperto, si apparecchiano intutto il Pollino: nell'agro di Viggianello o a Rotonda, dove a PianoIncoronata e Fratta, nella festa del Convito, si mangiano leoraziane «laganeddre» con ceci. Altri mucchi di legna e fraschebrillano intorno alla cappella di S. Giuseppe, presso la Tavernadel Postiere a Lauria, e poi in quel di Castelsaraceno. Tra i vicolidi Latronico, Carbone per la degustazione di dolci e manicarettidi tutte le massaie come accade intorno ai «fucaruni» diMoliterno e Sarconi. E se a S. Martino d'Agri ci sono maccheronial «ferretto» a Spinoso si preparano «patane arrustute» sotto lacenere. Prodotti tipici pure a Ruvo del Monte e Rionero (confagioli e salsiccia). E la serie continua con i falò (focare, fanove,focariedd, fucanoie - o fuochi nuovi) a Paterno, Marsico Nuovo eVetere, Brienza, Tito, Picerno, Ruoti, Filiano, Atella, Venosa,Ripacandida, Barile, Calciano ecc.Mille fuochi per scacciare le tentazioni e le «pestilenze» del terzomillennio. Mille fuochi di pace intorno ai quali fare festa,incontrarsi, dalogare, partecipare e condividere il calore, glialimenti e l'allegria, come i sapori e i saperi, recuperando lamemoria e i suoni di una volta come quelli degli ormai rariorganetti e zampogne, colonna sonora di un mondo che forse non c'è più...
Salvatore Lovoi