Il Domani, 24 febbraio 2001
Giornata di studi organizzata dal Circolo culturale “L’Agorà”: usi funebri che spesso rivivono in certe tradizioni
La morte e i riti nel reggino
Fino a poco tempo fa a Bagnara venivano “ingaggiate” le prefiche
Anna Ida Musolino
Si è conclusa la giornata di studi organizzata dal circolo culturale l’Agorà, presso la sala convegni del piccolo museo San Paolo alla Rotonda, incentrata sul tema “Thanatos e Koimesis: la morte e i suoi riti nel reggino”. Dopo l’introduzione di Orlando Sorgonà, si sono susseguiti gli interventi degli studiosi e storici reggini Sebastiano Stranges che ha relazionato su “Riti e sepolture funebri nella provincia arcaica reggina”, “Franco Mosino che ha trattato il tema “La poesia sepolcrale dei greci” e Paola Garofalo che ha esposto gli “Usi funebri nelle zone di Bagnara Calabra, Ceramica e Pellegrina”. Sin dalle origini, l’uomo ha cercato di dare un senso alla vita ed alla morte. In particolare, i riti funebri sin dal Paleolitico confermano tale attenzione, soprattutto per ciò che concerne la cura nella preparazione dei cadaveri. Questo periodo storico è caratterizzato dalla presenza di tombe a fosse rivestite di sassi con sopra ghirlande di conchiglie. Del nostro neolitico invece conosciamo ben poco.
Da uno scavo a Bova Marina sono venuti alla luce, dentro una capannina risalente al primo neolitico in zone diverse del terreno. In un primo momento si è pensato alla diffusione sulla fascia jonica reggina, per questa data epoca, di un rito funebre particolare, appunto quello dello smembramento degli arti dei cadaveri. Ma in un secondo tempo, dopo il ritrovamento all’interno della medesima capannina di ossa di epoca tardo romana, si è scoperto che l’insieme dei resti si era mischiato in seguito ad una frana del terreno. Dopo un periodo buoi per gli studi in materia, arriviamo all’Età del Bronzo durante la quale si sviluppano le necropoli corredate di vari materiali ed utensili: a Salerno, presso una tomba d’epoca romana, dentro un’ampolla sono stati ritrovati resti di bergamotto. Ritrovamento che arricchisce ulteriormente la storia di questo agrume che sembra sia stato adoperato anche in Egitto per la mummificazione. Gli scavi compiuti sul territorio compreso tra Bova e Brancaleone hanno portato alla luce circa 2700 siti archeologici. Dallo studio di questi ultimi si è scoperto che in età greca, in genere, i sepolcri erano posti exta moenia, lungo le strade anche gli incroci, così i passanti potevano leggere i nomi dei defunti. Inoltre era in voga il rito del pasto funebre consumato accanto o sopra il sepolcro, dopo un dato numero di giorni successivi alla morte del congiunto. Il corredo funebre dipendeva dalla ricchezza della famiglia.In genere per le donne era formato da utensili da cucina, attrezzi per la filatura e vasi contenenti creme ed oli profumati e per i guerrieri da armi. I bambini ed ipoveri venivano portati in un cimitero comune e sepolti senza nessuna cerimonia, il cosiddetto funus tacitum. In epoca romana non cambia molto. Le salme dei ricchi patrizi venivano vestite riccamente ed unte con oli balsamici. Ad essi era riservato il funerale in pompa magna, consistente in una processione preceduta da suonatori con strumento a fiato, seguiti poi dalle prefiche, ossia donne pagate per piangere, che accompagnavano il defunto con i capelli sciolti, graffiandosi a sangue le gote e lanciando grida strazianti. Più importante era stato in vita il defunto maggiori erano le loro grida. Già in questa età, inoltre, gli uomini in segno di lutto tenevano lunghi capelli e barba. Ciò è attestato anche dalle monete, nelle quali infatti Ottaviano porta la barba lunga per la morte di Cesare. Solo con l’avvento della cristianità i riti pagani vennero meno, ma in alcune zone, soprattutto a Gioiosa Superiore, alcuni erano ancora celebrati, quali l’inserimento di cibo o di una moneta in bocca al defunto. La moneta a volte era posta anche ai piedi del defunto, e nella credenza comune serviva al morto affinché pagasse a Caronte il traghettamento nell’aldilà. In tempi a noi vicini, inoltre, nei territori di Bagnara Calabra, Ceramica e Pellegrina, si sono conservati alcuni di questi riti di origine pagana. In particolare a Bagnara, fino a pochi anni fa, se il defunto non era compianto non godeva del rispetto della comunità, dunque durante i funerali venivano chiamate le prefiche per cantare le nenie in onore del deceduto.
Giornata di studi organizzata dal Circolo culturale “L’Agorà”: usi funebri che spesso rivivono in certe tradizioni
La morte e i riti nel reggino
Fino a poco tempo fa a Bagnara venivano “ingaggiate” le prefiche
Anna Ida Musolino
Si è conclusa la giornata di studi organizzata dal circolo culturale l’Agorà, presso la sala convegni del piccolo museo San Paolo alla Rotonda, incentrata sul tema “Thanatos e Koimesis: la morte e i suoi riti nel reggino”. Dopo l’introduzione di Orlando Sorgonà, si sono susseguiti gli interventi degli studiosi e storici reggini Sebastiano Stranges che ha relazionato su “Riti e sepolture funebri nella provincia arcaica reggina”, “Franco Mosino che ha trattato il tema “La poesia sepolcrale dei greci” e Paola Garofalo che ha esposto gli “Usi funebri nelle zone di Bagnara Calabra, Ceramica e Pellegrina”. Sin dalle origini, l’uomo ha cercato di dare un senso alla vita ed alla morte. In particolare, i riti funebri sin dal Paleolitico confermano tale attenzione, soprattutto per ciò che concerne la cura nella preparazione dei cadaveri. Questo periodo storico è caratterizzato dalla presenza di tombe a fosse rivestite di sassi con sopra ghirlande di conchiglie. Del nostro neolitico invece conosciamo ben poco.
Da uno scavo a Bova Marina sono venuti alla luce, dentro una capannina risalente al primo neolitico in zone diverse del terreno. In un primo momento si è pensato alla diffusione sulla fascia jonica reggina, per questa data epoca, di un rito funebre particolare, appunto quello dello smembramento degli arti dei cadaveri. Ma in un secondo tempo, dopo il ritrovamento all’interno della medesima capannina di ossa di epoca tardo romana, si è scoperto che l’insieme dei resti si era mischiato in seguito ad una frana del terreno. Dopo un periodo buoi per gli studi in materia, arriviamo all’Età del Bronzo durante la quale si sviluppano le necropoli corredate di vari materiali ed utensili: a Salerno, presso una tomba d’epoca romana, dentro un’ampolla sono stati ritrovati resti di bergamotto. Ritrovamento che arricchisce ulteriormente la storia di questo agrume che sembra sia stato adoperato anche in Egitto per la mummificazione. Gli scavi compiuti sul territorio compreso tra Bova e Brancaleone hanno portato alla luce circa 2700 siti archeologici. Dallo studio di questi ultimi si è scoperto che in età greca, in genere, i sepolcri erano posti exta moenia, lungo le strade anche gli incroci, così i passanti potevano leggere i nomi dei defunti. Inoltre era in voga il rito del pasto funebre consumato accanto o sopra il sepolcro, dopo un dato numero di giorni successivi alla morte del congiunto. Il corredo funebre dipendeva dalla ricchezza della famiglia.In genere per le donne era formato da utensili da cucina, attrezzi per la filatura e vasi contenenti creme ed oli profumati e per i guerrieri da armi. I bambini ed ipoveri venivano portati in un cimitero comune e sepolti senza nessuna cerimonia, il cosiddetto funus tacitum. In epoca romana non cambia molto. Le salme dei ricchi patrizi venivano vestite riccamente ed unte con oli balsamici. Ad essi era riservato il funerale in pompa magna, consistente in una processione preceduta da suonatori con strumento a fiato, seguiti poi dalle prefiche, ossia donne pagate per piangere, che accompagnavano il defunto con i capelli sciolti, graffiandosi a sangue le gote e lanciando grida strazianti. Più importante era stato in vita il defunto maggiori erano le loro grida. Già in questa età, inoltre, gli uomini in segno di lutto tenevano lunghi capelli e barba. Ciò è attestato anche dalle monete, nelle quali infatti Ottaviano porta la barba lunga per la morte di Cesare. Solo con l’avvento della cristianità i riti pagani vennero meno, ma in alcune zone, soprattutto a Gioiosa Superiore, alcuni erano ancora celebrati, quali l’inserimento di cibo o di una moneta in bocca al defunto. La moneta a volte era posta anche ai piedi del defunto, e nella credenza comune serviva al morto affinché pagasse a Caronte il traghettamento nell’aldilà. In tempi a noi vicini, inoltre, nei territori di Bagnara Calabra, Ceramica e Pellegrina, si sono conservati alcuni di questi riti di origine pagana. In particolare a Bagnara, fino a pochi anni fa, se il defunto non era compianto non godeva del rispetto della comunità, dunque durante i funerali venivano chiamate le prefiche per cantare le nenie in onore del deceduto.