lunedì 30 marzo 2009

«Nasce l'archivio sonoro di Puglia, un tesoro con 1500 registrazioni»

Il curatore Vincenzo Santoro: «Nasce l'archivio sonoro di Puglia, un tesoro con 1500 registrazioni»
di FRANCESCO MAZZOTTA
Corriere del Mezzogiorno - BARI - 2009-03-29


La geografia della musica tradizionale pugliese racchiusa in 1.500 registrazioni. Uno straordinario corpus che da martedì la Biblioteca Nazionale di Bari mette a disposizione del pubblico con l'apertura dell'Archivio Sonoro della Puglia, la cui inaugurazione ufficiale è in programma domani pomeriggio (ore 18) seguita dall'esibizione di oltre 60 suonatori presenti nella documentazione, già consultabile in formato ridotto cliccando su www.archiviosonoro.org/puglia
(un'ottantina in tutto i brani che si possono ascoltare in streaming). Nella Biblioteca Nazionale sono stati allestiti tre computer, dai quali si potrà accedere ai materiali, suddivisi per area geografica (Salento, Puglia centrale e Capitanata) e ricerca: come quella storica che condussero Alan Lomax e Diego Carpitella nel 1954. Ce n'è anche di recenti. E' il caso dell'indagine svolta nel 2005 nelle campagne della Murgia. «Ma anche le altre riguardano soprattutto la Puglia centrale, sino a qualche tempo fa la più scoperta», racconta Vincenzo Santoro, coordinatore del progetto promosso dall'associazione Altrosud d'intesa con il ministero dei Beni culturali e l'assessorato alle Attività culturali della Regione Puglia. «Nelle Murge - prosegue Santoro - sono stati scoperti repertori che si sono conservati più a lungo di altri. Per esempio, quelli sull'organetto: una tradizione straordinaria che ancora oggi ha grandissimi esecutori, soprattutto a Villa Castelli».
Questo corpus sonoro è davvero rappresentativo della storia della musica popolare pugliese?
«Direi proprio di sì. Siamo stati molto attenti a organizzare il materiale affinché offrisse una visione complessiva».
Qual è la novità più importante che emerge?
«Sicuramente l'indagine condotta da Giovanni Rinaldi sul Tavoliere negli anni Settanta. C'è una grande quantità di materiale legata al canto politico, un vero e proprio filone. Del resto il Tavoliere, la terra di Giuseppe Di Vittorio, è stato uno dei luoghi elettivi della lotta di classe in Italia».
Vista da fuori la Puglia è soprattutto pizzica salentina e tarantella del Gargano. L'archivio quanto rende sfaccettata la geografia sonora regionale?
«Tantissimo, perché chi visiterà l'archivio scoprirà una miriade di repertori: per esempio, quelli delle minoranze linguistiche, come le polifonie arbëreshe dell'Alto Salento Ionico. La documentazione è davvero ricca: si va dai canti della Passione delle comunità grecaniche a molti altri repertori quasi sconosciuti ».
C'è un filo che li unisce tutti?
«La cultura contadina. Ma c'è un altro filo: l'attenzione che tutti i più grandi etnomusicologi hanno rivolto alla tradizione pugliese. Non dimentichiamo che qui hanno condotto indagini sul campo Lomax, Carpitella, De Martino e Leydi: il top».
Avendo adesso raccolto in un unico contenitore tutta la storia sonora della tradizione pugliese è ipotizzabile una grande manifestazione che, sul modello della Notte della Taranta, possa esprimere questa grande varietà?
«Non vedo la questione di un grande evento identitario regionale. Piuttosto lascerei ai vari territori la gestione degli eventi».
Però lei non ha mai amato la Notte della Taranta, non è vero?
«La ritengo un'invenzione geniale ma l'ho sempre criticata perché ritengo non possa bastare. Non dimentichiamo che l'Istituto Carpitella nasce nel 1998 per creare un archivio, ma poi si dedica all'organizzazione di concerti. Forse adesso hanno capito».
Cosa?
«L'apertura dell'archivio regionale a Bari ha stimolato il Salento a realizzarne uno proprio. C'è un progetto già finanziato che a sua volta può rappresentare un primo passo per un intervento più complessivo a livello territoriale ».
Pensa che sarebbe stato più logico realizzare l'archivio regionale in Salento?
«No, e lo dico da salentino. Bari è il capoluogo e si trova al centro della regione. E poi la Biblioteca Nazionale è un luogo di grande prestigio. In ogni caso, per tornare al tema delle manifestazioni, penso che l'attenzione andrebbe posta sui gruppi, più che sugli eventi».
In che senso?
«I gruppi sono il migliore strumento di marketing territoriale che abbiamo. Sono loro che portano in giro la nostra tradizione. Nel sito dell'archivio c'è il primo tentativo di realizzare un censimento. Ne abbiamo già contati più di duecento. Affiderei a loro la sfida di capire bene come prendere queste musiche per reinserirle nella contemporaneità. La premessa, però, è che imparino il repertorio. Ma per rendere più facile questo processo ci vorrebbero delle strutture».
Case della musica popolare?
«Direi più dei luoghi di formazione, dove imparare a suonare una musica che ormai è slegata dalle modalità di trasmissione orale in senso stretto».