Il Sole 24 Ore, 24/12/1995
Alberi, bacche e spine di Natale
Francesca Marzotto Caotorta
Questi nostri tempi maldestri sono riusciti a far si' che anche Natale diventasse riconosciuta occasione di stress, almeno questa e' la condizione che riflettono quei grandi specchi della nostra realta' che sono i giornali. Ma poiche' l'eta' e l'indole mi sconsigliano la vicinanza di ogni specchio, continuo ad aspettare e accogliere il Natale come la grande festa della vigilia che da piccoli e' tutta attesa di meraviglia e da grandi e' meraviglia di avere ancora attese. Il Natale e' una festa antica, che ha assimilato riti ancora piu' antichi, ed evoca celebrazioni che qua e la' nel mondo, in modi diversi, in giorni un po' diversi, festeggiano comunque il tempo di un rinnovamento vitale, di un'attesa realizzata: l'avvento di un prodigio. Una festa ai cui riti, da secoli, sono state associate piante capaci di sottolinearne il valore o il significato. In Europa alla tenace edera, al lucido agrifoglio, allo statico abete, al sacro vischio, al bianco elleboro si e' aggiunta l'esotica poinsezia, la cosiddetta stella di Natale che, come scarlatta testa di cometa, entra nelle nostre case e muore sui nostri balconi. Nel lontano oriente l'arrivo dell'anno nuovo si festeggia tra piante di mandarini, alberelli e rami di pesco opportunamente fioriti e tanti tanti profumatissimi narcisi. Tutte piante che sia culturalmente che colturalmente sono a noi piu' vicine della poinsezia, cosi' difficile da ospitare a lungo e onorevolmente. Laggiu', in Cina, i narcisi venivano raccolti nelle montagne o erano coltivati in modo da essere fioriti e di buon auspicio per il capodanno. Pertanto se ne accelerava la fioritura con aumento di luce, calore e umidita' o se ne ritardava lo sviluppo con rischiose immersioni in acqua salata. Nel secolo scorso, il cacciatore di piante Robert Fortune raccontava di barche cariche di rami di pesco e di susino raccolti per essere fatti fiorire a capodanno nelle abitazioni della regione di Guandong, in Cina, In altre parti del Paese gli alberi di pesco venivano allevati in piena terra ed erano poi recisi a una spanna dal suolo poco prima delle feste, per essere portati in casa cosi' come si fa da noi con l'albero di Natale. Jack Goody in La cultura dei fiori (Einaudi, 1993, L. 65.000) racconta di come, in alcune regioni cecoslovacche, le ragazze, il 4 dicembre, festa di S. Barnaba, raccogliessero i rami di ciliegio perche' a Natale fossero fioriti e portati alla messa protetti dai loro mantelli, dai quali poi, i loro eventuali spasimanti, avrebbero cercato di sottrarli. Tutta nordica e' la cultura del vischio di cui gia' Plinio descrisse la raccolta da parte dei druidi Galli che coglievano quello che cresceva sulle quercie: vischio con un nome che significa: quello che guarisce tutto>. Oggi, questo semi-parassita di cui si conoscono 70 specie, ha perso il carattere sacro, ma non gli sono state negate le proprieta' terapeutiche per cui viene coltivato su diverse piante a seconda della malattia da trattare. Nella sua Monographie der Mistel, scritta nel 1922, K. Tubeuf dimostra che esistono 3 razze di vischio che a loro volta colonizzano soltanto determinati gruppi di piante. Da noi si puo' provare a 'seminare' il vischio raccogliendo i frutti maturi degli esemplari che crescono su meli, peri, pioppi, biancospini, pini e abeti e schiacciandone la polpa contro la corteccia della porzione inferiore dei giovani rami della stessa specie di albero. La polpa, asciugandosi, rimane appiccicata alla corteccia facendo aderire i piccoli semi che 'radicheranno' facendosi strada nel suo tessuto. Il vischio e' una delle piante le cui bacche sono usate per preparare la pania, ovvero la sostanza appiccicosa adoperata per catturare gli uccelli. Sostanza analoga viene estratta dalla corteccia della lentaggine (Viburnum linus) e dalla corteccia delle radici dell'agrifoglio, pianta natalizia per eccellenza. Pare strana una pianta che sia allo stesso tempo cosi' ricca di spine e tanto carica di auguri, ma il fatto e' che una volta si pensava che le foglie spinose dell'agrifoglio avessero la proprieta' di tenere lontano il malocchio e gli spiriti maligni. In ogni caso tutta quella profusione di bacche rosse, tiene ancora oggi sicuramente lontano ogni cattivo umore. Spontaneo nel sotto bosco di molte regioni italiane, l'agrifoglio costituisce un genere botanico cui appartengono ben 300 specie e nel Dictionary of gardenig viene diviso in due gruppi principali di cui uno si distingue per il fogliame verde scuro e lucido, e l'altro per foglie variegate di bianco o di giallo. Alcune varieta' come Ilex acquifolium bacciflava o I. acquofolium aureo marginata fructu luteo, producono bacche gialle. Nel loro insieme sono piante ideali per il sotto bosco rado: per esempio si troveranno bene in un gruppo di betulle e Pinus silvestris; ma anche sotto ai faggi dove di solito, oltre a piccoli fiori di fine inverno, si vede ben poco.
Alberi, bacche e spine di Natale
Francesca Marzotto Caotorta
Questi nostri tempi maldestri sono riusciti a far si' che anche Natale diventasse riconosciuta occasione di stress, almeno questa e' la condizione che riflettono quei grandi specchi della nostra realta' che sono i giornali. Ma poiche' l'eta' e l'indole mi sconsigliano la vicinanza di ogni specchio, continuo ad aspettare e accogliere il Natale come la grande festa della vigilia che da piccoli e' tutta attesa di meraviglia e da grandi e' meraviglia di avere ancora attese. Il Natale e' una festa antica, che ha assimilato riti ancora piu' antichi, ed evoca celebrazioni che qua e la' nel mondo, in modi diversi, in giorni un po' diversi, festeggiano comunque il tempo di un rinnovamento vitale, di un'attesa realizzata: l'avvento di un prodigio. Una festa ai cui riti, da secoli, sono state associate piante capaci di sottolinearne il valore o il significato. In Europa alla tenace edera, al lucido agrifoglio, allo statico abete, al sacro vischio, al bianco elleboro si e' aggiunta l'esotica poinsezia, la cosiddetta stella di Natale che, come scarlatta testa di cometa, entra nelle nostre case e muore sui nostri balconi. Nel lontano oriente l'arrivo dell'anno nuovo si festeggia tra piante di mandarini, alberelli e rami di pesco opportunamente fioriti e tanti tanti profumatissimi narcisi. Tutte piante che sia culturalmente che colturalmente sono a noi piu' vicine della poinsezia, cosi' difficile da ospitare a lungo e onorevolmente. Laggiu', in Cina, i narcisi venivano raccolti nelle montagne o erano coltivati in modo da essere fioriti e di buon auspicio per il capodanno. Pertanto se ne accelerava la fioritura con aumento di luce, calore e umidita' o se ne ritardava lo sviluppo con rischiose immersioni in acqua salata. Nel secolo scorso, il cacciatore di piante Robert Fortune raccontava di barche cariche di rami di pesco e di susino raccolti per essere fatti fiorire a capodanno nelle abitazioni della regione di Guandong, in Cina, In altre parti del Paese gli alberi di pesco venivano allevati in piena terra ed erano poi recisi a una spanna dal suolo poco prima delle feste, per essere portati in casa cosi' come si fa da noi con l'albero di Natale. Jack Goody in La cultura dei fiori (Einaudi, 1993, L. 65.000) racconta di come, in alcune regioni cecoslovacche, le ragazze, il 4 dicembre, festa di S. Barnaba, raccogliessero i rami di ciliegio perche' a Natale fossero fioriti e portati alla messa protetti dai loro mantelli, dai quali poi, i loro eventuali spasimanti, avrebbero cercato di sottrarli. Tutta nordica e' la cultura del vischio di cui gia' Plinio descrisse la raccolta da parte dei druidi Galli che coglievano quello che cresceva sulle quercie: vischio con un nome che significa: quello che guarisce tutto>. Oggi, questo semi-parassita di cui si conoscono 70 specie, ha perso il carattere sacro, ma non gli sono state negate le proprieta' terapeutiche per cui viene coltivato su diverse piante a seconda della malattia da trattare. Nella sua Monographie der Mistel, scritta nel 1922, K. Tubeuf dimostra che esistono 3 razze di vischio che a loro volta colonizzano soltanto determinati gruppi di piante. Da noi si puo' provare a 'seminare' il vischio raccogliendo i frutti maturi degli esemplari che crescono su meli, peri, pioppi, biancospini, pini e abeti e schiacciandone la polpa contro la corteccia della porzione inferiore dei giovani rami della stessa specie di albero. La polpa, asciugandosi, rimane appiccicata alla corteccia facendo aderire i piccoli semi che 'radicheranno' facendosi strada nel suo tessuto. Il vischio e' una delle piante le cui bacche sono usate per preparare la pania, ovvero la sostanza appiccicosa adoperata per catturare gli uccelli. Sostanza analoga viene estratta dalla corteccia della lentaggine (Viburnum linus) e dalla corteccia delle radici dell'agrifoglio, pianta natalizia per eccellenza. Pare strana una pianta che sia allo stesso tempo cosi' ricca di spine e tanto carica di auguri, ma il fatto e' che una volta si pensava che le foglie spinose dell'agrifoglio avessero la proprieta' di tenere lontano il malocchio e gli spiriti maligni. In ogni caso tutta quella profusione di bacche rosse, tiene ancora oggi sicuramente lontano ogni cattivo umore. Spontaneo nel sotto bosco di molte regioni italiane, l'agrifoglio costituisce un genere botanico cui appartengono ben 300 specie e nel Dictionary of gardenig viene diviso in due gruppi principali di cui uno si distingue per il fogliame verde scuro e lucido, e l'altro per foglie variegate di bianco o di giallo. Alcune varieta' come Ilex acquifolium bacciflava o I. acquofolium aureo marginata fructu luteo, producono bacche gialle. Nel loro insieme sono piante ideali per il sotto bosco rado: per esempio si troveranno bene in un gruppo di betulle e Pinus silvestris; ma anche sotto ai faggi dove di solito, oltre a piccoli fiori di fine inverno, si vede ben poco.