martedì 1 dicembre 2009

Dalla fabbrica alla vigna, il racconto di un ritorno alla terra e alle tecniche naturali e "bio"

Dalla fabbrica alla vigna, il racconto di un ritorno alla terra e alle tecniche naturali e "bio"
CARLO PETRINI
DOMENICA, 29 NOVEMBRE 2009 LA REPUBBLICA - Torino

In Val Chisone la famiglia Coutandin ha riportato in auge antichi vitigni autoctoni che parevano ormai scomparsi e producono i nettari che piacevano al cardinale Richelieu

Niente chimica tranne rame e zolfo Così nascono le varietà "becouet", "avanà" e "chatus"

Ben pochi sono a conoscenza di un´ottima produzione vinicola portata avanti con serietà e passione dalla famiglia Coutandin. «Quando nel 1995 andai in pensione, dopo aver fatto per una vita l´operaio meccanico, non avevo intenzione di trascorrere tutto il mio futuro al bar o in bocciofila e per questo decisi di trasformarmi in viticoltore»: una bellissima testimonianza quella di Giuliano Coutandin che, sulla soglia dei sessant´anni, decide di cambiare profondamente la sua vita per seguire un sogno che aveva coltivato durante i tantissimi anni di lavoro in fabbrica.
La svolta si ebbe quando a metà anni Novanta lui e la moglie, Laura Pero, parteciparono a un corso di viticoltura ad Aosta organizzato dall´Institut Agricole Regional. La vista di quel panorama vitato li colpì a tal punto che decisero di tornare in Val Chisone e di recuperare alcuni vigneti che versavano praticamente in stato di abbandono. «Prendemmo accordi verbali con tanti vecchietti che stavano ritirandosi. Il rischio era piuttosto chiaro: in pochi anni le viti sarebbero state sostituite prima dalle erbacce e poi dalle piante con il rischio che tutti i muretti a secco sarebbero franati a causa della mancata manutenzione», racconta Laura sul filo dei ricordi.
I Coutandin avevano letto su numerose pubblicazioni che i vini della Val Chisone e di Perosa Argentina erano famosi addirittura ai tempi del Cardinale Richelieu, che sul finire del diciassettesimo secolo si faceva spedire a Parigi questi rossi di montagna. «La qualità media dei vini di questa zona ci sembrava davvero insufficiente e ci pareva impossibile che un personaggio così importante come Richelieu si facesse spedire presso la corte di Francia vini di così scarso interesse. Evidentemente questo terroir aveva potenzialità nascoste, che ci impegnammo ad esaltare con la produzione dei nostri vini» continua Giuliano nel suo racconto.
La vera svolta si registrò con l´ingresso in azienda del giovane figlio Daniele. Dopo aver fatto l´operaio per alcuni anni, decise di licenziarsi per fare il viticoltore: «Avevo una trentina di anni e stare sotto padrone proprio non mi piaceva. Sono un po´ anarchico e la campagna mi piaceva troppo per lavorare tra i filari solo nei ritagli di tempo, per cui presi questa decisione un po´ pazza e abbinai alla campagna un impiego part time nel sociale». Ora il vigneto è condotto da Daniele in prima persona, che ha trasformato questi eroici fazzoletti di terra, abbarbicati su terrazzamenti a picco sul borgo di Perosa, in veri e propri giardini, con le viti circondate da fiori e piante di timo.
«Non abbiamo certificazioni di tipo biologico e biodinamico, perché comunque costano care e noi produciamo solo duemila bottiglie. Però utilizziamo solo ed esclusivamente rame e zolfo, tengo a dirlo perché da quando è nato mio figlio Sebastiano lo porto qui a giocare e sarebbe stata una pazzia avvelenarlo con diserbanti e insetticidi» così Daniele Coutandin racconta la svolta bio che ha impresso in questi ultimi anni alla gestione agricola.
In effetti, camminare tra i loro filari è un´esperienza unica per chi ama la biodiversità e la natura più in generale. L´erba è tenuta bassissima, sotto i filari sono state tolte zolle di terreno per evitare di dover utilizzare il diserbo sottofila, proprio questo terreno in eccesso è stato ammucchiato a lato e sopra questo suolo così ricco di sostanze organiche sono coltivate le zucchine. Tutt´intorno ai vigneti resistono ancora splendidi boschetti e "ciabòt" in pietra che rendono il paesaggio particolarmente affascinante. «Un mese fa sono venuti in visita alcuni importatori americani - continua con orgoglio Daniele - che avevano percorso in lungo e in largo i principali territori viticoli italiani. Ebbene, dopo aver fatto ritorno in patria mi hanno scritto una e-mail che mi diceva che la tappa che avevano fatto da noi era stata una delle più suggestive. Noi che viviamo questo territorio quotidianamente non ci rendiamo conto del fascino che esercita sul visitatore e del patrimonio paesaggistico a nostra disposizione».
C´è da dire che questo percorso votato totalmente alla naturalità ha avuto anche conseguenze molto positive sulla qualità organolettica dei vini prodotti dai Coutandin (Borgata Ciabot 12, Perosa Argentina). Le loro pochissime bottiglie riescono a esprimere in modo molto interessante il territorio. Per prima cosa sono il frutto di un recupero sistematico delle principali varietà autoctone della Val Chisone, i nomi di questi vitigni sono davvero particolari e unici: tra questi vale la pena citare almeno il "becouet", l´"avanà", l´"avarengo", lo "chatus" chiamato anche "neretto". Nel loro piccolo i Coutandin stanno procedendo anche alla selezione di varietà maggiormente resistenti alle malattie che non abbiano addirittura bisogno del ricorso a sostanze come il rame e lo zolfo. Un percorso davvero unico quello dei Coutandin, da operai meccanici a paladini della naturalità, un percorso che li sta anche portando a esaltare le caratteristiche di un terroir prezioso e bisognoso di tantissime cure, perché la viticoltura di montagna è fragile per sua stessa definizione.