martedì 16 novembre 2010

Abito sloveno

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lunedì 8 novembre 2010

Si apre a Cefalù un convegno su miti e riti delle antiche rotte

Si apre a Cefalù un convegno su miti e riti delle antiche rotte
GIOVEDÌ, 04 NOVEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Palermo

LE DIVINITÀ, GLI EROI E I NAVIGATORI

Il soprintendente di Trapani ha scritto per noi un articolo sul rapporto tra pesca e religione, dall´Egeo alla Sicilia
L´affresco di Thera trovato nell´Egeo ritrae un corteo che si ripete nelle feste siciliane
Nell´Isola la ritualità legata all´acqua appare rivolta ai cicli della fertilità

SEBASTIANO TUSA
are, mare, sempre mare. Sembra quasi che da un po´ di tempo tutte le aspettative dell´uomo si riversino su questo elemento che, comunque, ha pervaso sempre la vita delle società mediterranee e, quindi, anche, il suo principale capitale immaginario. Ed è proprio di immaginario legato al mare che si parlerà per tre giorni, a partire da oggi, al Museo Mandralisca di Cefalù nell´ambito del convegno dal titolo "Memorie del mare. Divinità, santi, eroi e navigatori" organizzato dalla Fondazione Ignazio Buttitta. Si "navigherà" partendo dai porti fenici trattati da Piero Bartoloni per giungere al rapporto tra mare e sole su cui si soffermerà Nicola Cusumano. Ma altri relatori, tra cui segnaliamo Kennet Brown, Jean Cuisenier, oltre ai valenti antropologi della scuola palermitana cresciuta sulle orme di Antonino Buttitta, che chiuderà i lavori, si alterneranno affrontando le varie sfaccettature di un tema di grande interesse e attrattiva anche per i non specialisti.
È un rapporto millenario, anche se non primordiale, quello tra l´uomo ed il mare. È proprio nella preistoria mediterranea che il mare giocò un ruolo fondamentale nel costringere l´uomo alla sedentarietà lungo le coste dandogli quella necessaria quantità di calorie sotto forma di molluschi e pesci da costringerlo a non vagare come faceva prima inseguendo gli animali da cacciare. E fu la sedentarietà il requisito fondamentale per permettergli di sperimentare ed "inventare" agricoltura e pastorizia e dare l´avvio a quella che sarà la civiltà mediterranea cui noi ancora attingiamo. Ma il mare non fu soltanto serbatoio di biomasse da consumare per vivere, fu anche veicolo di trasmissione di genti, merci ed idee.
A tal proposito non possiamo non ricordare una delle immagini più significative della preistoria mediterranea che ci suggerisce con immediata vitalità e suggestione come doveva essere vissuto il mare nei primi secoli del secondo millennio a. C. L´immagine è il famosissimo affresco di Thera, trovato su una delle pareti della ben nota "Pompei" preistorica sull´isola omonima dell´Egeo. L´accresciuta e irreale prospettiva che fa vedere il mare lambire una città turrita protesa sulle acque tra due foci di fiumi, e fa appiattire su di essa un corteo processionale di barche ondeggianti sui flutti, ci dà il senso di questo indissolubile connubio, altrimenti evidenziato dai dati archeologici. L´affresco di Thera, sia esso rappresentante, come taluni vorrebbero, l´Acropoli di Lipari, meta agognata dei naviganti egei, o più probabilmente una città del delta del Nilo, si erge a simbolo dell´ormai avvenuta simbiosi tra uomo e mare, suggellata dal carattere sacrale della scena. Il matrimonio con le acque si consuma sul mare di fronte ad una folla attonita di curiosi al sicuro della città turrita che, simbolicamente, annuisce e "santifica" con il suo potere l´avvenuto "matrimonio".
Come non vedere in questa scena emblematica l´archetipo di quanto fino adesso si consuma nelle miriadi di feste paesane dei borghi marittimi siciliani e della penisola con le processioni di barche strombazzanti che fanno da corona e seguito alla prima che porta orgogliosa il fercolo sacro? Un matrimonio tra l´uomo e il mare che si perpetua da secoli, variato nelle forme e negli apparati religiosi di riferimento, ma intatto nel suo simbolismo sotteso.
Transitando lungo la millenaria storia del rapporto uomo - mare in Sicilia ricaviamo la chiara impressione che il retaggio di quanto si crea di consuetudine e familiarità fin dalla più remota preistoria perdura in periodo storico e giunge fino a noi.
Le cognizioni che i pescatori siciliani hanno sulla navigazione di piccolo cabotaggio costiero, basate sull´esperienza millenaria tramandata da padre in figlio, costituisce il più ricco portolano verbale esistente. I proverbi, le credenze ed i miti costruiti su questa «scienza» costituiscono il corollario sovrastrutturale che ci fa percepire la ricchezza e la complessità di una civiltà che affonda le sue radici remote in un passato millenario che travalica anche la storia scritta.
Nei suoni cupi e penetranti generati dal fiato pressato con vigore nell´opercolo sapientemente spaccato delle grandi conchiglie, usate come trombe di segnalazione nella mattine nebbiose che avvolgono spesso la costa meridionale dell´isola, sentiamo riecheggiare la trepidante navigazione dei primi trafficanti neolitici o micenei.
Nelle processioni festanti delle Madonne e dei santi patroni dei paesi marinari (memorabile è quella di Porticello) vediamo analoghi cortei di sapore egeo che dovevano rallegrare periodicamente la vita dei villaggi costieri pre - e protostorici.
In Sicilia questa religiosità legata al mare e alle navigazioni appare più rivolta alle pratiche dei culti ctoni e ad una religiosità popolare più sensibile ai cicli della fertilità che in epoca ellenistica determinano la particolare fortuna dei culti isiaci che ebbero particolare diffusione sia ad est (area siracusana) che ad a ovest (Grotta Regina presso Palermo). La particolare fortuna del culto di Iside in Sicilia, oltre ad essere il portato dell´influenza cartaginese, si spiega con la sua parziale assimilazione al culto di Demetra.
Ma ad essi si sovrappongono culti mediterranei di origine lontana che segnano indelebilmente luoghi e tragitti come nel caso di Levanzo, la più piccole delle Egadi che mantiene nel suo nome il retaggio forte della sua funzione "internazionale". Benché sia menzionata raramente nelle fonti classiche è da identificare con la Phorbantia citata da Tolomeo nella sua ben nota opera geografica. Secondo taluni sarebbe anche da identificare con l´isola di Bucinna menzionata da Plinio nel suo altrettanto famoso trattato sulla Storia naturale.
Interessanti sono le considerazioni desumibili dal suo nome antico. Il toponimo ci riporta alla memoria Phorbante, personaggio mitologico greco a cui i marinai rodii prima di partire per lunghe traversate sacrificavano come propedeutica profilassi ai pericoli incombenti per mare. È noto che la marineria rodia nei secoli dopo il mille avanti Cristo fu tra le più attive, insieme a quella fenicia, nel solcare il Mediterraneo sia per la ricerca di metalli ed altre preziose mercanzie che per esportare i prodotti del loro ricco artigianato. Levanzo, per chi proveniva dalla rotta che lambiva le coste meridionali della Sicilia, costituiva l´ultimo lembo di terra prima di affrontare il mare aperto o verso l´Africa o verso la Sardegna. Pertanto è probabile che tale toponimo sia nato nell´ambito delle navigazioni rodie del IX - VIII secolo a. C, tra Rodi, l´Africa e la Sardegna proprio perché in quest´isola i marinai rodii sacrificavano a Phorbante prima di affrontare la navigazione d´altura.
È pertanto, evidente che un filo sottile, ma chiaro, lega il primo sfruttamento sistematico delle risorse marine a quanto è stato sapientemente prodotto utilizzando il mare fino ad oggi. I più antichi depositi di ingenti quantità di valve di conchiglie marine delle grotte paleo-mesolitiche mediterranee sono spesso a breve distanza dagli impianti romani per la lavorazione del pesce al fine di produrre garum. E questi impianti (è il caso del Secco, presso San Vito lo Capo, e di Porto Palo, presso Pachino) li troviamo inglobati nell´area delle tonnare che hanno fino a qualche anno fa dato da vivere a interi paesi costieri della Sicilia.
E per finire con quella sana ed innocua ironia che allieta la vita: come non collegare la particolare predilezione dei palermitani verso i molluschi, sia marini che terrestri, ingurgitati con sacrale voracità in occasione della festa della Santuzza, con l´analoga tendenza dei nostri avi mesolitici che ci hanno riempito le grotte di quintali di valve di conchiglie, rifiuto dei loro pasti?