venerdì 31 luglio 2009

RITI E ARTIGIANATO LA SICILIA DELL´UNESCO

RITI E ARTIGIANATO LA SICILIA DELL´UNESCO
PAOLA NICITA
VENERDÌ, 31 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA - Palermo

Il Registro delle eredità immateriali a carattere locale: via alle proposte

I quattro libri previsti potranno accogliere dai comuni coinvolti anche espressioni e piatti tipici

Nel 2003 prima e nel 2005 poi, l´Unesco aveva posto sotto tutela il «patrimonio immateriale», con la sua iscrizione in appositi registri e la formulazione di strategie per la sua valorizzazione. La Regione siciliana è stata la prima nel bacino del Mediterraneo ad implementare tale convenzione, istituendo il Rei, Registro delle eredità immateriali. Un ulteriore passaggio per la valorizzazione del Patrimonio Immateriale è adesso proposto dall´associazione I World che insieme ad un congruo gruppo di enti territoriali aderenti, propone di istituire il Reil, ovvero il Registro delle Eredità Immateriali di interesse locale.
Il progetto per l´istituzione del nuovo registro è stato presentato ieri a Palazzo d´Orlèans. Il direttore dell´associazione I World, Lucio Enzo Tambuzzo, spiega: «All´iniziativa hanno aderito moltissimi comuni siciliani e altri ne aderiranno, da tutte le province. Ogni comune iscritto sottoporrà la sua proposta per l´iscrizione nel registro del Reil, proposta che verrà valutata da un comitato scientifico dell´Università di Palermo. Le proposte che seguiranno i criteri stabiliti dall´Unesco saranno accettate ed iscritte». Il progetto del Reil rientra nella programmazione 2007-2013 per la strategia dello sviluppo sostenibile nei territori, e come tale beneficerà di moltissimi fondi, da quelli internazionali ai sostegni regionali per la cooperazione. A tal fine saranno istituiti quattro libri - dei saperi, delle celebrazioni, delle espressioni e dei tesori umani viventi - nei quali segnare i patrimoni da salvare. Qualche esempio? Nel libro dei saperi troveranno posto tecniche antiche dell´artigianato, dagli oggetti alla gastronomia, mentre il libro delle celebrazioni accoglierà riti, feste e tradizioni popolari.
La particolari espressioni artistiche, musicali, visive di un determinato gruppo o comunità potranno essere iscritte nel libro delle espressioni, e infine persone e collettività che detengono conoscenze e abilità particolari potranno essere segnate nel libro dei tesori umani viventi.
I libri del Reil costituiranno dunque una speciale memoria storica, in cui troveranno spazio artigianato, tecniche di produzione alimentare, espressioni dialettali, fiabe, cunti e leggende, e ancora canti di intrattenimento e lavoro, lavorazione dei coralli, del tufo, della lava. «Il programma di valorizzazione - conclude Lucio Tambuzzo - coinvolgerà le comunità locali e gli enti territoriali, per trasmettere una nuova immagine del territorio».

domenica 26 luglio 2009

ritorno alla montagna: "Ora noi contiamo di tornare a ricavare dalla terra cibo buono, risorse e soddisfazioni"

ritorno alla montagna.
CARLO PETRINI
DOMENICA, 26 LUGLIO 2009 la repubblica - Torino

A lanciare l´idea è stato Giovanni Enzio Attorno a lui ha radunato un gruppo di uomini e donne che alla carriera hanno preferito un ritorno alla montagna

"Ora noi contiamo di tornare a ricavare dalla terra cibo buono, risorse e soddisfazioni"

Norma, la custode dell´ecomuseo: "Il progresso ha cancellato l´antico stile di vita"

Primo maggio 1965: inaugurazione della funivia di Punta Indren ad Alagna. Inizia per quelle vallate lo sviluppo economico legato allo sci come sport di massa e finisce l´epoca del turismo alpinistico ed escursionista sul Monte Rosa. Finisce in quegli anni anche la civiltà rurale legata ai Walser, popolazione germanica presente in diverse zone di Italia, Svizzera, Liechtenstein e Austria. Oggi per trovarne memoria bisogna andare al Walser Museum di Pedemonte, salire la scala di legno di una caratteristica casa e parlare con la custode e guida Norma Tescio. Lei i Walser li ha scoperti dopo essersi trasferita lì da Milano, frequentando il museo e osservando ogni giorno intorno a sé: «In un ambiente di montagna, secoli fa, hanno creato un sistema sostenibile di sfruttamento e riproduzione delle risorse che li faceva vivere dignitosamente. Il territorio faticoso, il clima ostile, con l´inverno che dura più di sei mesi, hanno condizionato il modo di coltivare, l´allevamento, le costruzioni, e anche il sistema sociale, in cui era forte la componente collettiva». Segale, poco grano sui terreni più esposti, il pane cotto due volte l´anno per tutti nei grandi forni di borgata e conservato su rastrelliere, i cereali custoditi nelle madie, la carne sotto sale, il lardo, gli insaccati, le uova messi da parte nella sticker, la dispensa. E poi anche orzo e panìco, il fieno che avvolgeva tutta la casa, le bestie al piano terreno, in stretta vicinanza con l´uomo, per trasmettergli calore prezioso... e latte, formaggio, ricotta, burro. Avevano miele e frutta selvatica dei boschi. Niente andava sprecato. Tutto aveva un senso e un´utilità, nel circolo chiuso di quell´economia di sussistenza, faticosa ma non misera o infelice.
«Oggi questa cultura non esiste più» dice Norma. «Dagli anni ‘50 in poi, con il "progresso" cittadino che dalla pianura saliva a portare soldi e benessere, tutto quello che rappresentava il vecchio modo di vita ispirava un senso di vergogna e veniva trascurato, trasformato e venduto. Si è abbandonata la terra per lavorare nell´edilizia, nell´artigianato, nel commercio, nella ristorazione, negli alberghi…».
Lentamente anche il paesaggio si è trasformato, inselvatichito e cementificato. Giovanni Enzio, che ha sangue Walser nelle vene (il suo cognome non italianizzato era Heinz) ha deciso di provare a fare qualcosa. «L´agricoltore merita maggiore attenzione perché è il giardiniere del territorio, va sostenuto, incentivato. Deve far fronte a mesi di ozio forzato d´inverno ed è logico che si dedichi anche ad altre attività. Ma chi coltiva lo fa per passione». E di sicuro lui la passione ce l´ha nel Dna: ai promettenti esordi di carriera a Milano, ha capito che in città non avrebbe mai potuto coltivare l´orto come era abituato a fare fin da piccolo, con i genitori e i suoi dieci fratelli. Così è tornato, e ora vorrebbe che altri ricominciassero a curarle, quelle montagne. All´Orto delle Piane (1400 metri slm) lavora con una piccola fresa a motore. Fa ortaggi, frutta, miele e confetture. Ha raccolto intorno a sé un piccolo gruppo di persone che ci credono, e condividono la stessa passione. Il fratello Pietro si dedica alle patate. Il nipote Luca Cucchi impasta e cuoce un fragrante pane di segale, sperando di poterne fare una piccola attività commerciale. Maia Beltrame, giornalista milanese, si è trasferita a Rassa (Alta Val Sesia), e tra capre e cavalli progetta un orto didattico e una coltivazione di erbe aromatiche. Norma, la custode del museo, raccoglie e trasforma in marmellate more, lamponi, mirtilli, rabarbaro. Sono ancora però in gran parte progetti, tentativi.
Chi invece vive dei suoi prodotti è Vittorino Muretto, allevatore, pastore, casaro. Un ritorno totale alla terra il suo. Abbandonato definitivamente il bar, oggi riesce a mantenere la famiglia con una trentina di vacche, vendendo il formaggio e il latte crudo presso un piccolo punto vendita ad Alagna. Anche gli ortaggi di Giovanni si trovano in piazza ad Alagna, d´estate. Un banchetto che è un inno alla bellezza, ottenuta con fatica enorme rispetto alle coltivazioni meccanizzate di pianura. E sapori concentrati, assenza di chimica.
Il piccolo gruppo di contadini Walser è diventato una comunità di Terra Madre, parteciperà a Cheese 2009, lavora per creare un ecomuseo sul territorio, vorrebbe tornare a ricavare dalla terra cibo buono, soddisfazioni, risorse. Meritano attenzione, meriterebbero aiuto: lavorano per sé ma anche per il paesaggio, per la memoria, per il futuro di quelle valli, dove il turismo non può essere solo piste da sci e seconde case.

lunedì 20 luglio 2009

Premi a chi usa l´ardesia insidiata dalla pietra cinese

Premi a chi usa l´ardesia insidiata dalla pietra cinese
SABATO, 11 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA - Genova

Per salvare un mercato ormai in crisi

Il piano casa come occasione per riqualificare l´ambiente e rilanciare anche l´economia ligure: la proposta di legge varata ieri mattina dalla giunta regionale, oltre alla possibilità di ampliare gli edifici, prevede una serie di "premi" per chi fa i lavori portando risparmio energetico e usando materiali tradizionali. E´ l´occasione per spingere anche l´ardesia ligure, che è in crisi perché superata da pietra proveniente da Cina e Brasile, di minore qualità ma anche di prezzo più basso.
«Abbiamo inserito l´uso dell´ardesia nelle "premialità" della legge ma per evitare di favorire i mercati stranieri, abbiamo specificato di che tipo di ardesia si deve trattare», hanno spiegato ieri mattina il presidente della Regione Claudio Burlando e l´assessore all´Urbanistica Carlo Ruggeri. La legge all´articolo 4 specifica: «ardesia avente composizione chimica con presenza di carbonato di calcio maggiore del 20 per cento», parametro che solo la pietra ligure possiede.

Nasce il Museo della terra e dell’olio

Nasce il Museo della terra e dell’olio
SABATO, 11 LUGLIO 2009 IL TIRRENO - Grosseto

Il Comune di Seggiano recupera tre edifici nel centro storico

Riportata alla luce anche una grande cisterna che gli esperti giudicano di ottimo valore architettonico

Il museo della terra e dell’olio di Seggiano sta diventando realtà, compreso il recupero di una grande cisterna. Un sogno pensato dall’Amministrazione comunale e a cui il governo bis di Daniele Rossi sta dando le gambe.
Infatti, già dalla data dell’acquisto da parte del Comune di tre immobili ubicati nel centro storico di Seggiano, il vecchio palazzo comunale, un vecchio frantoio completo d’attrezzature posto sotto la Piazza Umberto I e la sede dell’ex banca Mps, l’Amministrazione investiva sul recupero e la riqualificazione del centro storico di Seggiano e dei suoi prodotti caratteristici. Un investimento immobiliare complessivo che ammontava a quasi 400 mila euro a cui se ne devono aggiungere altrettanti per la ristrutturazione dell’intero complesso.
E adesso si comincia a vedere una parte di risultato: si è infatti concluso l’intervento di ripristino dell’ex frantoio Ceccherini, un vero gioiello di antiquariato, ripulito nella struttura e con i macchinari originali riportati a lucido.
Un primo risultato, già fruibile da parte del pubblico e a cui seguiranno, nel giro di poco tempo, altri interventi di rilievo, con cui si chiuderà il cerchio di un’operazione architettonica ed archeologica unica in Amiata.
Infatti sono in corso i lavori nello stabile dell’ex Monte dei Paschi, che ospiterà un’oleoteca e che godrà di una sala multimediale. Il restauro, che riguarda il tetto, la facciata dell’edificio e gli arredi darà lustro anche al centro storico di Seggiano e a questo ripristino si affiancherà poi l’utilizzo del vecchio comune, col tetto del tutto rifatto e con interventi sulla struttura esterna. Ma la chicca di questa operazione sarà il recupero della vecchia cisterna dell’acqua comunale, completamente interrata, alta 12 metri e di 6 metri di diametro: «pensavamo, prima di averla vista e valutata, che fosse un semplice reperto storico e non un’opera d’arte», spiega l’ingegner Simone Savelli.
«Dopo che è stata riaperta - prosegue -, però, ci siamo accorti che con la sua copertura a cupola e la struttura in mattoni e sasso locale, era sicuramente opera di maestranze espertissime in questo tipo di lavori.
Non era un vecchio buco e neppure un’architettura “povera”, ma al contrario un esempio di elaborazione architettonica di grande qualità. «Vale, insomma, la pena, di farne una testimonianza storica e artistica del nostro paese».
Alla cisterna, completamente sotterrata, si può però accedere anche dal basso e dunque potrà essere visitata ed esplorata. E proprio in questa cisterna, dove il prossimo martedì si caleranno i Vigili del fuoco per vedere cosa contiene e in che stato si trova, l’Università di Firenze ha pensato di appendere un olivo particolare, con radici “intelligenti”, che sarà cura degli scienziati studiare e che già sentiamo come simbolo vivo di Seggiano, da sempre patria dell’olio di olivastra e di altri prodotti tipici che intendiamo valorizzare e proporre al grande pubblico.
F.B.

Nell´opificio medievale un centro studi delle tradizioni

Nell´opificio medievale un centro studi delle tradizioni
MARA AMOREVOLI
SABATO, 18 LUGLIO 2009 la repubblica - Firenze

Laureano: "Il recupero della struttura costerà 10 milioni". Vandana Shiva a capo della fondazione

Le sue ruote idrauliche e i mulini un tempo in uso per follare i panni di lana, ormai fermi da secoli, diventeranno testimonianza di antichi saperi. E l´imponente, straordinaria struttura delle Gualchiere di Remole, opificio industriale tardo medievale situato sulla sponda sud dell´Arno, di fronte all´abitato delle Sieci, diventerà sede di un Centro internazionale sulle conoscenze tradizionali, con lo scopo di inventariare, proteggere e diffondere antiche pratiche da coniugare alla tecnologia più innovativa. Un altro progetto, l´ennesimo, rilancia il recupero e restauro dei circa 4 mila metri quadrati di questo complesso storico situato nel comune di Bagno a Ripoli, di cui però è proprietario Palazzo Vecchio. Solo che questa volta sono in molti a scommetterci. In testa, i responsabili dell´Unesco e di una miriade di prestigiose fondazioni internazionali che si sono riuniti in un meeting l´11 luglio, e che domenica scorsa hanno effettuato un sopralluogo al complesso in barca sull´Arno, accompagnati dal vice sindaco di Firenze Dario Nardella, dal sindaco di Bagno a Ripoli Luciano Bartolini, capitanati da Pietro Laureano, architetto e urbanista consulente dell´Unesco, fondatore e coordinatore di Ipogea, organizzazione no profit e Centro studi sulle conoscenze tradizionali.
Laureano è il più convinto sulla fattibilità del progetto, e annuncia la data del prossimo 20 settembre, già fissata per firmare dal notaio i primi atti costitutivi del gruppo che dovrà occuparsi del progetto studio per ridisegnare il recupero delle Gualchiere. «Tutti i soggetti coinvolti, da Ipogea, alle Fondazioni Maria Nobrega e Carlo d´Inghilterra, a Francesco Bandarin, direttore generale del Centro per il patrimonio mondiale dell´Unesco, hanno già garantito lo stanziamento iniziale di 250 mila euro - spiega l´architetto - Altri 250 mila euro dovranno arrivare dagli enti locali coinvolti, dai Comuni di Bagno a Ripoli e Firenze, da Provincia e Regione. Numerose fondazioni e banche internazionali sono pronte a fare altrettanto: spero si muovano anche quelle locali, che il progetto vada avanti e sia un investimento remunerativo». Il recupero prevede che la struttura delle Gualchiere diventi in parte museo di se stessa, quindi centro di accoglienza e visite, campus e sede del nuovo centro che, prosegue Laureano «ha già oltre 3 mila voci censite e classificate di antichi saperi e tecniche legate, ad esempio, alla raccolta e purificazione delle acque, all´isolamento di edifici, a sistemi per fare l´idrogeno solare, all´energia eolica, alle conoscenze di quanto usi tradizionali dei popoli del mondo hanno prodotto nei secoli e che saranno integrate con le moderne tecnologie». Ricostruzioni, modelli, banche dati e multimedialità saranno l´anima pulsante del centro che avrà come presidente onoraria Vandana Shiva, e direttore scientifico lo stesso Laureano.
Entusiasta anche il vicesindaco Dario Nardella: «Siamo all´inizio di un percorso, ma c´è molta determinazione, ora si tratta di trovare risorse per un progetto pienamente condiviso tra tutti i soggetti». Un disegno ambizioso che con le Gualchiere proietta nel mondo Firenze e Bagno a Ripoli. Dai costi rilevanti, visto che il restauro del complesso toccherà la cifra di almeno 10 milioni di euro. «Forse di più - osserva Bartolini, sindaco di Bagno a Ripoli - ma per la prima volta c´è un progetto credibile, una grande idea che ci rimette orgogliosamente al centro del mondo con la creazione di un centro vivo e operativo unico. Ho verificato personalmente la piena disponibilità del direttore generale dell´Unesco, è un´occasione che non possiamo perdere».

sabato 4 luglio 2009

Una grande festa tra sacro e profano così Agrigento celebra il santo nero

Una grande festa tra sacro e profano così Agrigento celebra il santo nero
LAURA NOBILE
VENERDÌ, 03 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA - Palermo

Oltre ai cortei religiosi è in programma la "Notte di San Calò, la cultura delle differenze" con fuochi musica e un dragone volante

È una grande festa religiosa, un momento di devozione popolare verso il santo simbolo della tolleranza e della multiculturalità. Ad Agrigento questo fine settimana partono i festeggiamenti in onore di san Calogero, il santo nero, probabilmente di origini bizantine, amato dalla gente quasi più del patrono san Gerlando. Festeggiamenti che partono oggi e culmineranno il 12 luglio con la "Sagra del grano".
Particolarmente radicato in tutta la provincia, il culto per san Calogero vive anche di tanti momenti di festa pagana, che s´intrecciano con la festa religiosa. Stasera alle 20 si accendono le luminarie nel centro storico e domani ci sono i primi concerti del gruppo bandistico per le vie della città e in piazzetta San Calogero, rispettivamente alle 17 e alle 20. Il clou del primo fine settimana è fissato per domenica, con l´alborata delle 7 allo sparo dei mortaretti e l´ingresso della banda alle 8. Alle 12 la prima processione diurna con la statua del santo portata a spalla, lungo il percorso che da via Atenea conduce a porta Addolorata. È anche il momento della tradizione tutta pagana del lancio del pane, in ricordo di quando san Calogero mendicava gli alimenti per donarli agli ammalati di peste. La sera alle 20,30 il santo uscirà ancora, ma trasportato su un semplice carro bardato con paramenti sacri, in corteo solenne dalla chiesa omonima in piazza Stazione fino a viale della Vittoria. E da piazza Stazione alle 22,30 comincerà la "Notte di San Calò, la cultura delle differenze", un progetto di Alfio Scuderi tra tradizione e ricerca che vedrà la partecipazione dei Plasticiens volants, gli Ottoni animati, la musica dei Sun con la cantante capoverdiana Jerusa Barros e il percussionista peruviano Lenin Moreno. Sfilerà un grande corteo musicale con i palloni e le melodie zingaresche dei Plasticiens, le fontane di piazza Stazione con getti d´acqua illuminati da luci colorate, i concerti e il dragone volante, simbolo del male fino a quando l´icona di san Calogero spazzerà via tutto, nel segno della liberazione finale. Finale che sarà scandito dai fuochi d´artificio, esplosi in sincrono con le note dell´"Inno alla gioia" di Beethoven. E in città in questi giorni ci sono almeno due mostre da non perdere: "Akra Gea- Akragas", la mostra dello scultore tedesco Gunther Stilling allestita all´interno, nel chiostro e nei vialetti del Museo archeologico (venerdì e sabato 9-19, domenica e lunedì 9-13, biglietto 8 euro). Alle Fabbriche Chiaramontane di piazza San Francesco, invece, c´è la mostra "Doppio linguaggio" di Renzo Bellanca, sorta di dialogo tra la pittura e la letteratura, in un gioco di continui rimandi e suggestioni. Ingresso libero, visite dalle 17 alle 21.