giovedì 28 aprile 2011

Natura e sentimento l´epica popolare delle donne selvatiche

La Repubblica 23.4.11
Manna e miele ferro e fuoco
Natura e sentimento l´epica popolare delle donne selvatiche
Il nuovo libro di Giuseppina Torregrossa cerca la complicità del lettore Con una scrittura tutta al femminile rappresenta un´eroina coraggiosa
Leonetta Bentivoglio

Giuseppina Torregrossa è una scrittrice tutta "al femminile", senza esitazioni di genere: non s´immagina una sua sola riga scritta da un uomo. Nelle sue storie miscela pancia e cuore. In più è siciliana, e come la maggior parte dei suoi conterranei percepisce quest´origine come "la" radice esistenziale. Ogni sua pagina esprime sicilianità, intesa come sentimento della natura poderosa dell´isola e come istinto irrinunciabile del proprio territorio; e quest´aspetto è una linfa che addensa ulteriormente la sua scrittura grondante di femminilità. Il che equivale a una spiccata devozione per il materico, a una complicità materna con il lettore (c´è una sorta di melodia cantabile e cullante nel suo narrare speziato da zone dialettali) e a un incedere pervaso da odori, sapori, giochi tattili e flussi di emozioni interne. Quasi ossessivo il suo affondo nella sensualità, con persistenti accensioni veristiche.
Quest´amabile signora, che ha lavorato a lungo come ginecologa curando tumori al seno (notizia utile per capire il rapporto con il corporeo che impregna la sua scrittura), ottenne un bel successo un paio d´anni fa con Il conto delle minne: un tenero quadro di famiglia (sicula, ovviamente) guidato dal filo conduttore di un´esaltazione del seno femminile, che conquistò notevoli cifre di vendite e dieci traduzioni all´estero. Ora, con Manna e miele, ferro e fuoco, in uscita per Mondadori, l´autrice palermitana, senza rinunciare alla sua impronta, si è posta obiettivi più ambiziosi.
Se il libro precedente era un´affettuosa fiaba mediterranea, con venature di biografismo e tratti esilaranti, l´attuale storia non solo si lancia nell´invenzione pura, senza appigli documentari o soggettivi, ma sembra volersi misurare con l´impianto "classico" del romanzone popolare femminile. Perciò è sospinto da un´eroina coraggiosa, oppressa dai soprusi di un contesto maschilista e a poco a poco in grado, dopo un gran succedersi di sofferenze, di ricostituire la sua dignità e il suo libero arbitrio: una rivendicazione che deve molto a un contatto intenso con le forze naturali, come in certe figure di donne selvatiche e possenti create da Isabel Allende.
Mira in alto anche lo sfondo scelto per Manna e miele, ferro e fuoco, la cui vicenda, ambientata tra i boschi delle Madonie, si sviluppa nel momento-chiave della transizione verso l´Unità d´Italia, col crollo del regno borbonico, l´impresa di Garibaldi al Sud e l´instaurarsi del governo sabaudo nel Meridione. Gli accenti amari e disillusi sui destini della Sicilia, osservati durante l´arduo passaggio, sembrano cogliere spunti da I Viceré, non a caso il libro prediletto dalla Torregrossa. E pure l´arco di tempo attraversato, da metà Ottocento agli anni Ottanta dello stesso secolo, è il medesimo del capolavoro di De Roberto.
Ma gli accadimenti storici sono solo una cornice: il motore della trama è il personaggio di Romilda, seguita dalla nascita alla maturità. La madre Maricchia sognava una figlia femmina, e quando arriva, ultima dopo tre maschi, se ne innamora alla follia, trasmettendole molte certezze su se stessa. Il padre Alfonso, quasi uno stregone, è "u mannaluoro": il suo mestiere è estrarre dai frassini la manna, una sostanza rara e preziosa usata come dolcificante e prodotta nel triangolo compreso tra Castelbuono, Cefalù e Gangi. Romilda cresce all´aria aperta e ha una bellezza fuori dall´ordinario. E´ una fata in sintonia con le più solide e inconoscibili correnti della terra, una regina che fiorisce nel verde e tra gli alveari: le api diventano le sue migliori amiche e le sue ancelle. Dal padre impara il segreto magico della manna, da raccogliere scortecciando i tronchi: arte chirurgica riservata ai maschi, esige destrezza e sapienza. Romilda se ne appropria così bene - meglio dei suoi fratelli - che diventerà la prima mannaluora femmina delle Madonie.
Spezza l´incanto il barone di Ventimiglia, un orco vecchio e incattivito dal brutale esercizio del potere, che la vuole in sposa quando è poco più di una bambina. Comprata e schiavizzata, Romilda patisce ogni notte gli assalti del marito come stupri. La sua energia si sgretola, il suo corpo è un tempio profanato. E quando partorisce due gemelli non riesce ad accettarli. Poi però, dopo un succedersi di morti e varie disavventure, ritrova la strada delle sue montagne e si riconcilia con il battito profondo della vita.
Lungo il romanzo abbondano gli amplessi, ora goduti ora subiti, e sempre esplorati con malizioso gusto anti-censorio del dettaglio. Il sesso incombe al positivo e al negativo: tanto è turpe quello del barone ai danni della sua moglie-bambina, quanto è armonico e ricco di risonanze quello che unisce fino alla vecchiaia i due umili e appassionati genitori della ragazza. Ed è la sponda più felice dell´eros a vincere nell´epilogo, quando Romilda, splendida e rigogliosa tra i suoi frassini come una dea della fertilità, si fa possedere, finalmente consapevole e partecipe, dal giovane Lorenzo.
Tra manierismi e squilibri strutturali, l´affresco serba comunque la gradevolezza di un abbraccio, e sa ancorarsi con abilità a un´intera mappa di perni seduttivi: trionfo della superiorità "naturale" della donna; fervido culto ambientalista; femminismo addolcito fino alla stucchevolezza (manna e miele ci inondano a ogni passo); il tema intramontabile del fascino del selvaggio.

sabato 23 aprile 2011

Raffigurazione popolare di magia nera in un disegno di Auguste Donnay

                             Raffigurazione popolare di magia nera in un disegno di Auguste Donnay

raffigurazione delle medicina popolare

                                                             raffigurazione delle medicina popolare

martedì 12 aprile 2011

Stambecco - Folklore della Slesia

                                                      Stambecco - Folklore della Slesia

domenica 10 aprile 2011

Copertina delle Villanesche alla Napolitana

                                                       Copertina delle Villanesche alla Napolitana