domenica 30 marzo 2008

“Bati marso” La tradizione non muore

"Il giornale di Vicenza", Domenica 30 Marzo 2008
ROSÀ. Questa sera
“Bati marso” La tradizione non muore

Su iniziativa degli “Amici del Villaggio”, sarà riproposta anche quest’anno a Rosà l’iniziativa del “Bati Marso” che annuncia l’arrivo della bella stagione. Il programma prevede per oggi il ritrovo alle 17 nei vari quartieri. Quindi, ragazzi e adulti saliranno in bicicletta e trascineranno barattoli ed altri oggetti di metallo.
Accompagnati dalla protezione civile e dalla polizia municipale, raggiungeranno la piazza della frazione di S. Pietro. L’arrivo dalle varie zone del paese è previsto per le 18. I ragazzi saranno protagonisti e presenteranno storie e filastrocche dei nonni sulla tradizione legata alla ricorrenza. Sul posto, a prezzi modici, sarà possibile consumare la cena a base di polenta, soppressa, formaggio e dolci. Per garantire la sicurezza nel rientro, si consiglia di controllare il funzionamento dei fanalini delle biciclette ed indossare il caso e giubbotti catarifrangenti. Inoltre, i “bandotti” dovranno essere appesi in modo sicuro, per evitare pericoli ed intralci alla circolazione stradale. M.B.

mercoledì 26 marzo 2008

In un libro tutti i misteri del Lario.

CORRIERE DI COMO - 26/03/2008
In un libro tutti i misteri del Lario. Leggende e tradizioni popolari.
Enigmi antichi e più recenti con streghe e diavoli

di Andrea Bambace

«Si narra che». La formula, premessa a favole, miti e leggende, avverte che il racconto potrebbe essere frutto anche solo della fantasia. Basta usare quel «si narra che», ed ecco una piccola Atlantide sommersa sotto le rive di Lenno, una chiesa costruita a Gravedona da un demonio ingannato da un santo, folletti e uomini selvaggi che infestano i boschi dell'Altolario, una cascata a Torno che congiunge il Lario con i fiumi infernali.
Federico Crimi e Giulio Mauro Facchetti hanno raccolto tutti gli enigmi del territorio e li hanno riportati ne Il grande libro dei misteri della Lombardia risolti e irrisolti.
Il libro è pane per la bocca degli amanti del mistero: un intero capitolo è dedicato alla provincia di Como. Non mancano i racconti che si rifanno alle testimonianze dello storico Cesare Cantù ma, sfogliando le pagine, si leggono miti e leggende ereditati da chi - ai tempi in cui ancora la scienza spiegava poco o nulla - si affidava a misteriose tradizioni per giustificare una 'sorgente a intermittenza' o il tetro profilo di una montagna.
Tempi in cui, a Blevio, le Narióla - grandi pietre infisse nel terreno quasi verticalmente - si dicevano fossero state lanciate sulla terra da un diavolo giocherellone e innocuo.
Ad Albavilla, invece, l'enorme fessura del Buco del Piombo ha sempre suscitato misteri e curiosità: «in molti di questi 'buchi' - si legge nel libro - le credenze popolari identificavano le abitazioni di pagani o selvaggi».

A Civenna, salendo dal Pian Rancio si raggiunge la via Pietra Luna, chiamata così perché porta a incontrare la Pietra Luna, un masso erratico di roccia metamorfica che probabilmente arriva dalla Val Malenco. Fu al centro di numerose diatribe di confine tra Bellagio e il feudo abbaziale di Civenna. Opere di demoni, diavoli e streghe sarebbero poi le incisioni e le coppelle che appaiono nel 'Masso della strega', situato nel parco della Spina Verde a Como.

Affascinante è anche la leggenda della chiesa di Sant'Antonio di Gravedona (probabilmente la storia fa riferimento alla cripta di San Vincenzo) e il patto con il diavolo.
La colonna mancante sarebbe da ricondurre a uno sgarbo nei confronti di un demonio. Il santo aveva pattuito con il diavolo che, se avesse costruito una chiesa, gli avrebbe permesso di prendere il primo avventore della nuova basilica. Il diavolo rispettò i patti, e - a modo suo - anche il santo: fece entrare per primo in chiesa un cane.
Il demonio s'infuriò, e abbracciando una colonna si inabissò, creando un foro impossibile da tappare.
Più nota - ma non meno intrigante - è la leggenda della piccola Atlantide sprofondata tra le acque del golfo di Venere, davanti a Lenno. Nei giorni ventosi si sentirebbe ancora il rintocco della campana della città sommersa; il libro spiega che il rintocco potrebbe simboleggiare un monito agli uomini affinché non sottovalutino le forze incontrollabili della natura.

Dalla regina Teodolinda 'rabdomante' che scopre la fonte a intermittenza del Lambro (Magreglio) si passa a un'altra donna, meno nota, la fanciulla Ghita di Moltrasio. Rincasando, una notte venne assalita da un contrabbandiere: scappò su una rupe, l'aggressore la raggiunse e lei, dopo essersi votata alla Madonna, si lanciò, ma rimase impigliata tra gli alberi e si salvò. Il contrabbandiere morì e «ancor la sera vedesi un fuoco errare sul quel greppo (dirupo, ndr), segno infernale dell'inverecondo».
C'era poi un tempo in cui Porlezza era infestata da giganti «orridi, con i capelli pari a un roveto, gli occhi infossati di sangue, i denti sporgenti e certi muscoli che avrebbero fatto a pezzi un vitello».

I titani non brillavano in furbizia e nonostante razziassero bestiame e farina, gli indigeni riuscivano a convivere con loro: quando, però, iniziarono a mangiare bambini, la mamma del neonato rapito pregò il Cielo di vendicarla, e sul monte Garzirola una frana li seppellì.
Vicino a Porlezza, a San Bartolomeo Val Cavargna, le leggende parlano di Bragöla e Pelus di Kongau: i primi sono folletti con occhi luminosi e braccia lunghe, pelosi, velocissimi a intrufolarsi ovunque. Emettono versi simili a borbottii, si divertono a terrorizzare i viandanti ma in cambio di un po' di cibo aiutano qualche contadino. I 'Pelus' sarebbero invece veri e propri uomini dei boschi, villosi e ricoperti di peli animali, depositari di una sapienza selvaggia e agreste, in grado di aiutare gli uomini a falciare i prati nei pendii scoscesi. Ma la figura più terrificante è un animale del bestiario fantastico, che terrorizzava l'immaginazione anche dei comaschi: il Gallo Basilisco.
Poco più grosso di un ramarro, pelle scura e squamata, cresta in testa, sulla schiena un'altra dura e seghettata e due ali da pipistrello, solo il girasole poteva allontanarlo. Nasceva dall'uovo di un vecchio gallo deposto sul letame e covato da un rospo o una rana. Con la lingua bifida richiamava l'attenzione di uomini e animali. Con lo sguardo li paralizzava. Col veleno li uccideva. Ma prima di colpire a morte, lasciava la vittima paralizzata per ore godendo del terrore inflitto. O almeno, così «si narra».

domenica 23 marzo 2008

Pasqua bassa, le regole del Concilio e la funesta profezia di Nostradamus

da "Il Gazzettino", 23 marzo 2008
LA TRADIZIONE
Pasqua bassa, le regole del Concilio e la funesta profezia di Nostradamus
Nel 2008, si sente dire, la Pasqua sarà bassa perché cade il 23 marzo, e sarà una festa d'inverno più che di primavera. Ma che cosa significa "bassa"?

Bisogna risalire al IV secolo, quando il Concilio di Nicea stabilì che la domenica di Pasqua doveva cadere dopo il primo plenilunio di primavera. In tal modo creò una festa mobile e oscillante fra il 22 marzo e il 25 aprile. Vediamo perché.

Ipotesi minima: se il 21 marzo (primavera) coincide con il plenilunio (il primo della nuova stagione) ed è sabato, domenica 22 è Pasqua.

Ipotesi massima: se il plenilunio si verifica il 20 marzo (ultimo giorno d'inverno), bisogna aspettare fino al 18 aprile per il primo plenilunio di primavera. Se quel giorno è domenica, la Pasqua sarà celebrata il 25 aprile, un evento rarissimo, sfiorato peraltro nel 2000 con la Pasqua al 23 d'aprile. (Secondo Nostradamus, la fine del mondo avverrà nell'anno in cui la Pasqua cadrà il 25 aprile!).

Il giorno dopo la Pasqua, lunedì dell'Angelo, in Friuli si chiamava Pascute, ed era giorno di mirindis: gli udinesi accorrevano sui prati di Santa Caterina; quelli di Variano andavano "a fâ cori i s" sulle prime ondulazioni quaternarie ma era tutto un fiorire di sagre, a Colugna e a Torlano, a San Giovanni d'Antro e a San Quirino di Cormôns, a Pignano di San Daniele e a Grizzo di Montereale, dove esisteva un luogo noto come "pra de la pascua".

A Frisanco, nell'alta val Còlvera, un'erba adoperata per colorare le uova era chiamata erba di pasca, ma spesso il colore verde era ottenuto dalle ortiche.

Uso l'imperfetto perché ormai molte tradizioni sono tramontate ed è sempre più praticato il proverbio "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi".

Buona Pasqua a tutti, in ogni caso, in molte varianti entro i confini del Friuli storico: buine Pasche a Udine e sui colli morenici; buina Pasca in Carnia, ma buino Pasco a Collina di Forni Avoltri, e gueta Oastrn a Sauris; bune Pasche a Fraforeano e nella Bassa; buna Pasca a Casarsa; bona Pasqua a Latisana e in altri centri venetofoni; velika nùac a San Pietro al Natisone e velika noc (da pronunciare con la 'c' dolce) in altre zone orientali.

Gianfranco Ellero

venerdì 21 marzo 2008

La “racola” in chiesa al venerdì santo

"il giornale di Vicenza", Venerdì 21 Marzo 2008
TRADIZIONI
La “racola” in chiesa al venerdì santo

La chiamavano ranela o racola, un attrezzo in legno, usato dai ragazzi, formato da un manico, con in testa una ruota dentata.
Sulla ruota, si appoggiava una appendice di legno, una parte della quale faceva rumore ogni volta che, girando, incontrava un dente della ruota.
L'attrezzo stava riposto durante tutto l'anno e ricompariva solo durante la settimana santa, quando veniva adoperato in chiesa durante i riti del Mattutino delle Tenebre, il mercoledì, il giovedì e il venerdì santo sera.
Nella chiesa spoglia e scura, in coro, troneggiava un candelabro a piramide, con tredici candele accese. Anche questo candelabro faceva la sua apparizione solo durante i tre giorni della settimana santa.
Due cori, alterni, cantavano i salmi. Al termine di ciascun salmo, un chierichetto spegneva una candela. I ragazzi intanto, girando nel sagrato della chiesa, aspettavano impazienti che si arrivasse alla penultima. Per incanto, la chiesa si riempiva di ragazzi con le ranele in mano. Quando, portata via l'ultima candela dietro l'altar maggiore, il prete batteva sul suo inginocchiatoi il volume di preghiere che teneva in mano, scoppiava fragoroso l'assordante suono delle racole.
Si diceva che il baccano volesse significare il frastuono, fatto dai Giudei durante la cattura del Cristo. In realtà con il frastuono, si pensava, fin dai tempi pagani, di allontanare gli spiriti maligni!A.F.C.

"Il falò di Capriati"

da "il Mattino"
"Il falò di Capriati"
21/03/2008

FOLCLORE
Il falò di Capriati




Anche quest'anno ritorneranno a Capriati al Volturno i tradizionali «falò di Pasqua». L'appuntamento è previsto per domenica pomeriggio nella piazza principale del piccolo centro matesino (ai confini con il Molise). Il suggestivo evento sarà ripetuto, come da antica tradizione, anche nella domenica in Albis, con il coinvolgimento delle varie località e contrade del comune, in una atmosfera contraddistinta dai profumi e sapori dei piatti tipici locali e naturalmente da musiche e balli popolari. A proposito di specialità tipiche, anche in queste festività si rinnoverà nelle famiglie del paese matesino la preparazione della maxi «frittata di Pasqua», tradizionale piatto locale ottenuto utilizzando mediamente intorno alle 100 uova. Tra gli autori di una delle frittate da record della scorsa Pasqua, il presidente della Pro Loco, Nino Amato.

domenica 2 marzo 2008

LA FESTA. Dalle 21 falò sulla Pedemontana

da "Il Giornale di Vicenza", Domenica 2 Marzo 2008
LA FESTA. Dalle 21 falò sulla Pedemontana
Notte dei fuochi tra magia e tradizione
L’iniziativa ha coinvolto 22 amministrazioni locali



Un ideale abbraccio ha unito Comuni e associazioni della Pedemontana vicentina nella “Notte dei fuochi, el ciamar marso”. Una serata magica che a migliaia di persone ha fatto riscoprire le proprie origini e la memoria della propria identità.
Molti paesi hanno spento le luci e sono stati illuminati dai numerosi falò che si sono accesi ad uno ad uno sulle alture e negli antichi castellieri, in un crescendo fantasmagorico. La “chiamata di marzo”, che è storia e tradizione ma anche folclore e divertimento, ha voluto celebrare l'anno nuovo della tradizione veneta. E la Notte dei fuochi, rilanciata dall'associazione Pedemontana .vi presieduta da Nazzareno Leonardi, quest'anno è stata organizzata insieme con la Provincia di Vicenza e con il patrocinio della Regione Veneto. Ben 22 le amministrazioni comunali coinvolte, accanto alle Pro Loco e i relativi consorzi, la Protezione civile e il Corpo dei Vigili del fuoco volontari di Thiene.
Grandi falò dalle 21 ad Arsiero, Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Cogollo, Chiuppano, Fara, Isola, Laghi, Lugo, Lusiana, Malo, Marano, Mason, Montecchio Precalcino, Pedemonte, Piovene, Posina, Sarcedo, Valdastico, Velo d'Astico e Zugliano. E suggestive fiaccolate in alcuni Comuni. M.P.