giovedì 30 aprile 2020

la crusca sotto la sedia


LA CRUSCA SOTTO LA SEDIA

Una donna sentiva ogni notte un rumore, come se le stessero rubando la biancheria, e trovava la mattina, sotto la sedia, della crusca, che si doveva cambiare in oro. Ma ella raccontò ogni cosa al marito, e la notte gli spiriti la bastonarono. In tal modo ella perdette la sua sorte.

Leggenda della zona di Acireale.

mercoledì 29 aprile 2020

l'avventura dell'uomo selvaggio



L’AVVENTURA DELL’UOMO SELVAGGIO

C’era una volta un vecchio d’indole così selvaggia, che se ne stava tutto solo, anche nel cuor dell’in­verno, in quel luogo delle Alpi d’Otro, chiamato in die Saccu. Tutti i giorni sSi recava con un secchio al torrente d’Otro per attingere la sua provvigione di acqua.
Un dì rimontava a passo lento il sentiero, deponendo tratto tratto il secchio per soffiare sulle dita, perché il freddo era intenso in quel luogo dove nel­l’inverno non arriva mai un raggio di sole, quando gli si affacciò d’improvviso la figura d’un uomo.
« Buon giorno», gli disse questi con voce asciutta, « perché mai ve ne state tutto solo in questo triste deserto? Dovete essere ben annoiato di dover scendere ogni giorno fino al torrente, a rischio di gelare per via. Ascoltate, mio buon vecchio, la proposta che vi faccio; promettetemi l’anima vostra quando sarete in fin di vita, ed io vi taglio via subito un pezzo di questa montagna che ci sta a fianco, e che impedisce ai raggi del sole di riscaldare, come d’estate questi luoghi. Tutta l’Alpe d’Otro diverrebbe terra di una fecondità mneravìgliosa, vi crescerebbe il frumento e perfino la vite ». All’udire tale proposta il vecchietto si fece il segno della croce e l’uomo spari. L’Uomo Selvatico continuò a dimorare chissà fino a quando in die Saccu, o l’Alpe d’Otro continuò a produrre segale e patate; il frumento e la vite hanno ancora da venire...

tipica leggenda di richiesta dell’anima da parte del diavolo.
Zona: Valsesia

martedì 28 aprile 2020

la trovatura della sarpa


LA « TROVATURA » DELLA SARPA

Presso Acireale, ad una cinquantina di metri dalla chiesetta della Grazia, sulla strada che da essa va al sobborgo di Santa Caterina, si mostra ancora il luogo ove un tempo era una pietra, che scomparve poi col livellamento e il rifacimento della via. E sotto quella pietra, si assicura, è nascosto uno di quei grandiosi tesori, di cui è ricco il sottosuolo della Sicilia, e per prendere il quale occorre mangiare sul luogo una sarpa cruda e bervi una quartara di vino.
Si racconta che un tale abbia una volta tentato l’esperienza e che avesse lo stomaco così forte da mangiare tutto il corpo del pesce: ma allorché fu arrivato alla testa, dalla pietra uscirono tanti omettini che presero a burlano gridandogli: « Ihei! Ihei! Ihei! ». L’uomo non si spaurì con tutto ciò, e continuò il suo pasto; ma allora, e prima che avesse terminato, uscì un gran serpente, che tentò di attorcigliarlo, di modo che quegli, atterrito, buttò un pò di sarpa che gli restava, gridando: “Madonna mia!”.
Il cielo si oscurò, lampi e saette scoppiarono e, come il solito, quella persona si ritrovò sbalzata assai lontano dal posto della travatura (tesoro).

Leggenda della zona di Acireale.

lunedì 27 aprile 2020

i folletti della Difesa


I FOLLETTI DELLA DIFESA

Nel torrente Difesa, presso Piedimonte Etneo, il popolo assicura che sogliono comparire dei folletti, i quali offrono la fortuna a chi riesce a vederli.
Si narra infatti che uno di essi comparve una sera ad una donna, e mostrandole un sacco di denari la invitò a seguirlo, facendole capire che glielo avrebbe dato assieme a molt’altro. Ma quella ebbe paura, scappò via e così perdé la fortuna.

Leggenda della zona di Piedimonte.

domenica 26 aprile 2020

il diavolo barbiere


IL DIAVOLO BARBIERE

A mezzo chilometro da Giarre, sulla riva destra del torrente Macchia, e precisamente nel punto detto Sciaredda, si vedono tuttora le rovine di un’antica casaccia, entro la quale la leggenda vuole che sia nascosto un gran tesoro, così che il popolo per indicare una grande ricchezza suoi dire: La trovatura d’ ‘a Sciaredda.
Ora, per impadronirsi di questa travatura, occorre recarvisi di notte, invocare il demonio e farsi fare da lui la barba, resistendo coraggiosamente a tutto quello che può presentarsi. E narrasi che un tale Maestro Bartolo, assieme ad un amico, abbia tentato l’impresa e siasi dato nelle mani dello strano barbiere, comparso alle loro invocazioni. Ma più il rasoio passava sulla sua faccia, più la barba rinasceva, così che la cosa andava troppo alle lunghe; sinchè vedendo che egli non si stancava né si impauriva di quella operazione che non finiva più, uscì dalla terra un serpente. Il compagno cercò allora di far coraggio a Maestro Bartolo, dicendogli che si stava per vincere l’incanto, ma questi ebbe paura del mostro che gli si accostava, invocò la Madonna; e in mezzo ad un gran fracasso si trovò sbalestrato assai lontano.

Leggenda della zona di Giarre.

sabato 25 aprile 2020

il cesto rovesciato


IL CESTO ROVESCIATO

È noto che, anticamente, la città di Cherasco era una piazza fortissima, munita tutt’intorno di enormi bastioni che la rendevano quasi inespugnabile. Orbene, si afferma che quei grandi bastioni fossero stati costruiti dal diavolo, il quale, chiamato in aiuto dai ricchi e potenti signori del luogo, si dispose ad aiu­tarli con l’opera sua. Quel gigante immane prese con sé un cesto proporzionato alle sue membra colossali; e dopo averlo riempito con la terra, che traeva dalle colline di Pocapaglia, se lo caricava sugli omeri, e traversando a grandi passi il piano ed i fiumi che percorrono la valle del Tanaro, si recava a vuotano sul ciglio del colle di Cherasco. Così si formarono le profonde voragini  o rocche di Pocapaglia, e così ebbe origine la fortezza cheraschese.
Ma una volta, mentre compiva il solito percorso, il diavolo inciampò in un albero e fu lì per cadere: poté ancora tenersi in piedi aiutandosi con le braccia a mantenere l’equilibrio senonché il cestone ricolmo gli cadde al suolo e se n’andò rovesciata la terra che conteneva. Belzebù non stette a raccoglierlo, ma tornò indietro senz’altro a ripetere l’opera sua; e quel ter­reno rimase per sempre nel sito attuale, formando l’altura descritta. Nella quale, la potenza delle tenebre si rivela tutt’oggi in questo modo straordinario che riesce affatto impossibile erigervi urla qualsiasi co­struzione, muro o capanna perché tosto ogni cosa si sfascia e rovina, distrutta da una forza misteriosa e terribile.

Leggenda sul lavoro del diavolo.
Zona: Cherasco

venerdì 24 aprile 2020

le piastre maledette

LE PIASTRE MALEDETTE

In Manoppello, uno spirito rivelò in sogno a un tale il posto di un tesoro, avvertendolo che portasse con sé un’altra persona, qualunque essa fosse.
Quello prescelse un compagno fidato, non del paese, ma campagnuolo, che dimorava di là dal torrente di San Vincenzo. Vanno a mezzanotte, scavano, e trovano un mucchio di piastre. Ne prendono una per ciascuno, per segno, e la mordono. (Questo per significare che il tesoro non era più dello spirito, ma loro, che l’avevano trovato). Dopo di ciò il campagnuolo tornò alla sua masseria, e quell’altro riprese la via del paese.
Mentre era per passare il torrente, si sente bastonare alle spalle. Si volta, e non vede nessuno. Fa un passo avanti e ancora bastonate, che l’una non aspettava l’altra. Infine, non potendone più, prende la piastra, la getta via, e dice: « Va al diavolo tu e chi mi ti ha data! ». A questo le bastonate cessarono e poté tornare in pace al paese; ma dové mettersi subito a letto, e dalle molte bastonate morì dopo qualche tempo.

Leggenda della zona di Manoppello.

giovedì 23 aprile 2020

Palazzazzo


« PALAZZAZZO»

I

Col « PIRCANTI » NON Si SCHERZA. - Il Palazzazzo di S. Pietro Clarenza è una vecchia fabbrica, in parte diroccata, posta alla estremità meridionale del paese, e da più di mezzo secolo disabitata. Fu già un tempo proprietà di  signorotti del villaggio, che vi tenevano la loro corte, ma oggi non è più che una casaccia, dove i contadini conservano il fieno e della quale gli spiriti si sono resi padroni.
Là dentro si ritiene che fosse incantato un gran tesoro sotto forma di carrube, di fichi secchi e di altre frutta tutte d’oro. Ed il castaldo dovette certo trovarne una parte, in un pentolone rinvenuto sotto terra, se è diventato, come pare, più ricco dei padroni.
Ma l’incantesimo dura ancora, se i fanciulli han­no paura di passare da quelle parti sul mezzogiorno. A quell’ora infatti un uomo col berretto rosso si vede seduto sulla soglia di una delle antiche porte, e, secondo dicono le mamme, si tratta del « Pircanti », colui cioè che ha in custodia il tesoro incantato. Né col Pircanti si può scherzare: porta un largo saccone, e tutti i fanciulli che riesce ad acciuffare ficca là dentro e porta non si sa dove.
Sulla mezzanotte, anche gli adulti è raro che si arrischino a passare dinanzi ai palazzazzo. Chi vi è stato costretto da un bisogno imperioso ha sempre veduto o un cane che si cambia in caprone, o un prete, o una donna vestita di bianco.

II

Lo SPIRITO IN BOCCA. Una donna dl S. Pietro Clarenza sognò una notte che sotto la soglia del primo portone del Palazzazzo, al bivio, avrebbe potuto trovare tanto oro, quanto non ne ha nemmeno il re, se vi fosse andata a mezzanotte. Svegliatasi ed accortasi che mezzanotte non era ancora suonata, non volle perder tempo, e chiamato un suo cognato si avviò con lui a cercare la trovatura (il tesoro).  Ma appena arrivata, e mentre con un palo di ferro si accingeva a sollevare la soglia, invocando Marzabucco, si sentì stringere alla gola come da una morsa, che non la lasciò se non quando, lasciato a mezzo il lavoro, scappò a gambe levate verso la propria casa.
Un’altra donna, passando verso la mezzanotte per quel luogo, fu assalita da uno spirito, che le entrò in bocca, e la fece impazzire.

Leggenda della zona di San Pietro Clarenza.

mercoledì 22 aprile 2020

la cassa mortuaria incantata


LA CASSA MORTUARIA INCANTATA

Era un’annata cattiva, e un povero padre, non potendo dar da mangiare alla famiglia, pensò di andar via con la moglie e le sue figliole in un paesello vicino.
Giunti in questo paese, si misero dietro una porta. Passarono di là due femminucce e, vedendo questa famiglia buttata al vento e al fortunale, dissero: « State bene a guardare: più in là c’è un palazzo, nel quale la padrona non vuol dormire perché di notte vi sono gli spiriti. Se essa ve lo concede per abitazione, voi potete rimanervi tranquilli ». A siffatta notizia, vi si recarono, e la signora concedette loro il palazzo per abitazione.
Stanca e trafelata, questa povera famiglia si ritirò e, dei vicini, chi le diede un pò’ di paglia, chi una bisacciuola: tanto che tutti si coricarono.
Verso mezzanotte, le tre figliole sentono piangere forte, forte, e dire: « Figlio, figlio, figlio, figlio! ».
Figurarsi lo spavento delle ragazze. Senonché, la minore delle sorelle, la quale era più scaltra delle altre, dà loro coraggio, e, accesa una candela, va là dove sente piangere: entra e trova una cassa da morto con due candele accese, e quattro donne che piangono. La ragazza posa in terra la candela, si presenta alle donne e dice loro: « Signore mie, voi altre avete pianto molto! Andate via ché adesso lo piango io». A queste parole, le donne spariscono; la ragazza s’avvicina alla cassa, e la trova tutta piena di dobloni d’oro.
Subito corre a chiamare in gran silenzio suo padre: riempiono le bisacce, i sacchi, i fazzoletti, e  via, in fuga nella notte.

Leggenda della zona di Ragusa inferiore.

martedì 21 aprile 2020

contadina russa con bambino sul finire dell 800


il testimonio dell incanto


IL TESTIMONIO DELL’INCANTO

Si narra che in tempi antichi un forestiero si recasse a Ficarazzi, villaggetto del Comune di Aci Castello, e trovato un ragazzo lo portasse con sé in campagna. Qui scavò un fosse, vi nascose dei denari e quindi vi uccise il fanciullo, incantando il tesoro e disponendo che, per prenderlo, si dovesse mangiar là sopra un piatto di pasta ed un rotolo di salsiccia. Ma un povero diavolo che si trovava in quel punto e s’era nascosto al sopravvenire dello straniero, udì ogni cosa e, come si vide solo, corse al paese, impegnò ciò che poté, comprò la pasta e le salsicce e tornò sulla trovatura (tesoro). E qua, eseguito ciò che per l’incanto era prescritto, s’impadronì del tesoro.

Leggenda della zona di Aci Castello.

le beffe di Giosalpino


LE BEFFE DI GIOSALPINO

A Viareggio c’è uno spirito, che viene chiamato Giosalpino. Appare ora in forma di foglio di carta, ora di palo (e più d’uno racconta d’aver legato la propria barca a codesto palo, credendo tale, e di averla poi trovata sciolta, perché il palo era sparito), ora di pietra; e poi sparisce. Ma non compare mai di giorno.
Una notte c’era un bel lume di luna, e Tonino e suo fratello Rinaldo andavano lungo il fosso della Burlamacca, dalla parte della darsena. D’un tratto, Rinaldo dice: «Guarda, Tonino, un foglio di carta », e l’altro: « Lascalo stare: è Giosalpino ». Ma Rinaldo si mise a ridere perché non ci credeva; e dice: «Ma ti pare?... Non lo vedi che è un foglio di carta? », e gli dette un calcio.
Appena glielo ebbe dato, Giosalpino lo afferrò per la vita e lo buttò di là dal fosso. Quando furono a casa, Rinaldo si mise a letto e la mattina non aveva più un capello, né più gli tornarono.

Leggenda della zona di Viareggio.

martedì 14 aprile 2020

Culeis e Servan


CULEIS E SERVAN

In molti paesi del Piemonte, e, per esempio, in Savigliano, i carrettieri credono che vi siano due spiriti, chiamati Servan l’uno, e Culeis l’altro, e che entrino di notte dalle finestre nelle stalle, e vengano ad intrecciare i crini dei cavalli. E si crede, che, quando escono dalla finestra, sogliano fare contro chi li scaccia un grido o ghigno di scherno.

Leggenda del Piemonte.

venerdì 10 aprile 2020

il Basilisco di Mezzocorona


IL BASILISCO DI MEZZOCORONA

Sopra il borgo di Mezzocorona, là dove la roccia pende più scoscesa, c’è una caverna che è chiamata ancora dal popolo la caverna del Basilisco.
Una volta infatti abitava in quella tana un orribile basilisco, terrore di tutta la Val d’Adige.
Era un orrido serpente, con una coda doppia, che snodava come una frusta; aveva sul capo una cresta irta e tutta color di sangue; gli occhi fiammeggianti come bragia ardente; la velenosa bocca armata di tre file di denti acutissimi; quattro zampe da gallo, legate al corpo con una membrana, come il pipistrello, formanti così due grandi ali; tutto il corpo lucente come carbone acceso. Dal capo alla coda era tutto pieno di veleno; era il veleno e non altro che luceva; e guai se una goccia sola di quel veleno cadeva a terra mentre il mostro passava per aria; quello che esso toccava si accendeva, si riduceva in cenere, in niente, e non c’era forza umana che potesse spegnere l’incendio, finché non si smorzava da sé. il suo alito era così potente e micidiale da uccidere sull’istante qualunque essere vivente; i frutti cadevano e imputridivano; le erbe disseccavano e si incenerivano; gli uccelli precipitavano morti al suolo, Una sera il mostro volò fuori della sua tana, e si mosse fin sopra Castel Tono: pareva un gran tizzone e cigolava. Quand’ecco staccarsi una goccia di quel mortale veleno, e, quasi saetta, fendere l’aria e arrivare alla terra: tutta la montagna sopra Castel Tono: prese fuoco; si levò un vento impetuoso, e il vento portava le fiamme di luogo in luogo, tutto bruciando e incenerendo; e dove un giorno erano pinete superbe e boschi meravigliosi, non crebbe più che qualche cespuglio e scarsa vi è tuttavia l’erba.

Leggenda del Trentino.

giovedì 9 aprile 2020

o Munaciello


O’ MUNACIELLO

Talvolta « ‘O Munaciello» compariva nelle vesti di un vecchio venerando con parrucca e codino, che saliva e scendeva le scale, quando erano all’oscuro, e tirava il campanello di questa o di quell’altra porta, con grande paura degli abitanti, e con sua grande contentezza per la paura che aveva messa loro in corpo.
Spesso era una serpe o un altro animale qualsiasi.
Dalla parte di basso-Meta, una ragazza aveva
avuto l’infelice idea di confidare ad un’amico, che il Munaciello le aveva fatto trovare un napoleone vicino alle scale. Egli se ne sdegna, e, colta l’occasione, ch’ella è andata a sciorinare il bucato sulla terrazza, la picchia di santa ragione, sino a farla svenire.

Leggenda della zona di Sorrento.

mercoledì 8 aprile 2020

le marmitte dei giganti


LE MARMITTE DEI GIGANTI

Un uomo di Ragoli, di cattivi costumi, avendo desiderio di denaro per soddisfare i suoi vizi ricorse al diavolo per aiuto. Belzebù da lui invocato, gli comparve vestito da cavaliere elegante, e tra i due corse un patto terribile. Satana garantì al sozzo uomo di Ragoli un buon numero di monete d’oro finissimo, a patto che l’infelice gli cedesse la sua anima. Il triste contratto doveva esser firmato col sangue, che il demonio cavò con un finissimo ago da una vena del disgraziato. Fatto ciò, Belzcbù disse: «Ebbene! In quei tre fori rotondi che tu conosci presso il Ponte di Lisan, ci sono tre marmitte piene d’oro. Nessuno, tranne io, sa di ciò, e te le cedo. Vieni! »
E lo trasportò attraverso l’aria al luogo indicato. Le marmitte vi erano, ed erano veramente piene di oro. Il mariuolo se ne riempì un sacco che aveva portato seco, e con quell’oro guadagnato a sì caro prezzo, poté vivere a modo suo da ricco vizioso, morendo però di mala morte. Quando l’anima sua fu uscita dal corpo, venne il diavolo, se la prese e la trascinò all’inferno.

Leggenda della zona di Ragoli.

lunedì 6 aprile 2020

Il contadino di Travacò

Il contadino di Travacò

Nel Comune di Travacò si narra che in un giorno di festa, mentre un tale assisteva allo svolgersi duna lunga processione, gli si presentò un vecchio molto barbuto e gli domandò che cosa facesse. Avendo que­gli risposto: « Guardo la processione», il vecchio re­plicò: « Se mi dai una pinta di vin bianco ti prometto di farti veder nudi tutti questi devoti ».
Il    travachese aderì, e andata con lui dietro la chiesa poté vedere, non so in qual modo, lo strano spettacolo promessogli. Ma dopo, il povero contadino fu preso da grandi scrupoli; volle confessarsi, e do­vette accettare la dura penitenza di recarsi a dormire per tre mesi consecutivi .in un trivio, uscendo di casa ogni sera allo scoccar dell’Ave Maria senza parlare con anima viva, e tracciandosi intorno sul posto un circolo con acqua santa.
La prima sera della penitenza, mentre egli si met­teva in cammino, incontrò un caprone che a tutti i costi se lo prese in groppa e lo portò al luogo stabilito; ma giuntovi, trovò molte streghe e diavoli che cominciarono a fargli intorno ogni sorta di ridde in­fernali e un terribile schiamazzo, finché minaccian­dolo e tormentandolo in vari modi lo obbligarono a parlare.
il   poveretto, dopo poche ore di quell’orrendo sup­plizio, troncò la penitenza con la morte.

Leggenda della zona di Pavia.

la ridda sullo scoglio


LA RIDDA SULLO SCOGLIO

A S. Vito chietino esiste uno scoglio di forma quasi circolare e del diametro di circa tre metri. Su quello scoglio, quando la marea è bassa, si scorgono due impronte di zampe animalesche, bovine e caprine, che la gente del luogo afferma essere dei piedi del diavolo. Allorché infuria la tempesta avviene su quello scoglio una ridda infernale. Sono i diavoli che ballano la tregenda, specialmente se affonda qualche barca, per la gioia che provano nel vedere i marinai che muoiono in peccato.

Leggenda della zona di Chieti.