giovedì 21 gennaio 2010

DIALETTI. Ezio Raimondi "Vanno tutelati come i paesaggi"

DIALETTI. Ezio Raimondi "Vanno tutelati come i paesaggi"
GIOVEDÌ, 21 GENNAIO 2010 LA REPUBBLICA - Cultura

Il grande italianista, direttore dell´Ibc, ha promosso un progetto in Emilia Romagna per salvaguardarli: "Fanno parte della lingua di tutti, non servono a rivendicare una presunta identità"

I ricercatori girano paese per paese col registratore
"Sono un bene comune per comunicare"

L´indagine è finanziata da una legge regionale

BOLOGNA
Registratore in tasca e scarpe comode sono gli strumenti del linguista Francesco Benozzo, professore a Bologna e cacciatore di dialetti. Insieme a un collega, Andrea Pritoni, battono due province - lui il modenese, Pritoni il bolognese - in cerca di parole dialettali, antichi reperti di forme lessicali che definiscono corsi d´acqua, crinali di montagne, borghi, cascinali, filari di alberi, viottoli, scarpate. Toponimi, insomma, nomi di luoghi. Benozzo è stato da poco a Serrazzone, frazione di Fanano, provincia di Modena. Voleva accertare se l´espressione "e völta", che i vecchi usano per designare un pozzo isolato, era sopravvissuta e che uso se ne faceva. Chiacchiera con questo, chiacchiera con quello, ecco spuntare "e völta" per dire gigante. Che cosa sia nato prima, il nome per il pozzo o per la leggendaria figura, è difficile stabilirlo. Benozzo ha comunque imboccato la pista etrusca per risalire all´etimo e per riempire una casella del vasto Atlante toponomastico che l´Istituto per i Beni culturali dell´Emilia Romagna (Ibc) ha rimesso in moto grazie al fatto che la Regione ha rifinanziato una legge del 1994 che si proponeva la tutela e la valorizzazione dei dialetti.
Sono spiccioli, cinquantamila euro, ma in tempi di magra per gli investimenti culturali servono comunque a far ripartire un programma avviato da anni e interrotto più volte. Quello, appunto, di studiare e di salvaguardare i dialetti, considerati come un bene culturale, sebbene immateriale, di grande pregio, eppure soggetto a strattonamenti, che ne fanno un bastione identitario, un randello etnico da dare in testa a chi non lo parla, materia da insegnare a scuola o imporre ai professori che da Palermo si trasferiscono a Treviso. «I dialetti fanno parte di un´identità molteplice della lingua italiana, al pari dei paesaggi», dice Ezio Raimondi, grande italianista, che dal 1992 è presidente dell´Ibc. «La cadenza di molte parole dei Promessi sposi, anche dopo la risciacquatura in Arno, resta, dal punto di vista semantico, milanese. Il dialetto è un patrimonio che va tutelato, ma non per amore di conservazione o di una malcerta identità, bensì perché una lingua è un bene per comunicare».
Una legge a tutela del dialetto è stata approvata in Lombardia nel 2008. Nel 2007 in Veneto. Mentre la legge piemontese (2009) è stata impugnata dal governo presso la Corte costituzionale. Una legge ha anche il Lazio, mentre in Sicilia la legge risale al 1981. Studiare i dialetti, più o meno bene, è attività che si diffonde. Nonostante le tante dichiarazioni di morte imminente, che un linguista come Tullio De Mauro si impegna a smentire, invocando studi serissimi, ma anche la barzelletta in cui Francesco Totti, invitato a fare un esempio di gerundio del verbo avere, dice, della sua Ferrari, "a vendo", invece che "la vendo": la caduta della "l" di "la", secondo De Mauro, è fenomeno recente e attesta che il romanesco continua a produrre innovazioni.
Il programma dell´Ibc è curato da Massimo Tozzi Fontana, che arriva agli studi lessicografici dalla storia economica. Riprende vita l´Atlante, ma si prosegue a pubblicare lo strabiliante catalogo di fotografie realizzate da Paul Scheuermeier, lo studioso svizzero che indagò il mondo contadino dell´Italia centro-settentrionale tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento. Scheuermeier corredava le foto di didascalie, disegnava gli strumenti usati nelle campagne e riproduceva le espressioni dialettali che designavano oggetti e luoghi. Un primo volume di Contadini del bolognese (a cura di Tozzi Fontana insieme a Claudia Giacometti e Giorgio Pedrocco, Clueb, pagg 120, euro 20) è uscito nel marzo scorso. Altri seguiranno (ma forse solo in rete). Scheuermeier è un antesignano di Benozzo e Pritoni. L´inchiesta lo portò in provincia di Bologna a Minerbio, Tintoria, Loiano, Merlano, Savigno, Dozza. Preparò un questionario, fece dei disegni per farsi capire meglio, indossò scarpe buone e si avviò fra campagne e borghi chiedendo come chiamavano quella vanga, quell´aratro, quella roncola. La sera annotava le impressioni su un quaderno.
La ricerca dell´Ibc è andata avanti negli anni. Si è lavorato con le Province, in un ambiente fertile di poesia dialettale - bastino i nomi di Tonino Guerra e di Raffaello Baldini, fra gli altri. Tozzi Fontana ha studiato le parole legate al ciclo del latte (insieme allo storico Massimo Montanari) e ha curato i repertori lessicali della cantieristica navale (in collaborazione con Fabio Foresti).
Benozzo va in giro per osterie del modenese dall´Abetone fino alle pendici del Cimone. E anche ai funerali. I toponimi più interessanti sono quelli di montagna. In pianura quelli che designano poggi isolati o piccoli laghi. Ma il locale è solo una parte. «Molti nomi di luoghi rimandano a pericoli o paure», spiega Benozzo, «ed espressioni simili si rintracciano in regioni confinanti, ma persino in Galizia o fra gli aborigeni australiani. Un esempio? Il lago Scaffaiolo è chiamato "e ziun", che significa "lo zione", il grande zio, una figura minacciosa. Nella toponomastica arcaica parole analoghe sono frequenti, segno che quel procedimento di nominazione è diffuso, attinge a caratteri antropologici che non hanno nulla di etnico».
I dialetti non sono per niente esclusivi, ma strumento di dialogo. Insiste Raimondi: «Gadda aveva in mente una lingua continuamente ravvivata dall´incremento dialettale e parlava di "vivente polipaio dell´umana comunicativa"». «La pluralità linguistica non è un accidente stravagante», spiega De Mauro, «ma un fatto fisiologico per la specie e le comunità umane. Una cattiva scuola o provvedimenti stolidi possono tentare di soffocarla, ma non riescono a spegnerla senza spegnere l´umanità stessa».