martedì 22 gennaio 2008

La parola incantata

dal libro di:
Daniela Bisagno, La parola incantata, Torino, Edisco, 2002; 2006, pp, 223-224:

"L'IMMAGINARIO EBRAICO-ORIENTALE: ANGELI E DEMONI

"Anche nell'immaginario religioso degli antichi ebrei, il mezzodì era il momento consacrato alle apparizioni soprannaturali, a quelle angeliche (è a mezzogiorno che i tre angeli di Dio si manifestano al patriarca Abramo, per annunciargli la nascita del figlio Isacco), come a quelle demoniache. È questa infatti l'ora pericolosa in cui irrompe, con tutta la sua forza malefica, il temibile demone 'devastatore' (yashud), provocando epidemie, febbre malarica e mietendo morte intorno a sé. Personificazione del contagio e della malaria, che si diffondevano nelle ore più calde della giornata, il demone meridiano era una figura frequente nell'immaginario dei popoli orientali.

"IL KETEB E IL DEMONE CORNUTO

"Un'altra figura mostruosa che, nelle credenze popolari ebraiche, usava manifestarsi nell'ora di mezzogiorno, era il demone keteb, un mostro ricoperto di capelli e dotato di un occhio solo posto vicino al cuore. Il keteb, che infieriva soprattutto nei mesi estivi e nelle ore più calde della giornata (dalle dieci antimeridiane alle tre meridiane),aveva l'abitudine di rotolare in avanti come una palla e di provocare la morte istantanea di tutti coloro che avevano la sventura di incontrarlo. Per questo, si raccomandava ai maestri di scuola di lasciar uscire i bambini non dopo le dieci, al fine di risparmiare ai piccoli l'incontro pericoloso con il demone 'rotolante'. Le leggende ebraiche narrano anche di un altro demone, monocolo come il keteb, un mostro cornuto che si faceva vivo a mezzogiorno, soprattutto nei mesi estivi e aveva l'abitudine di girare continuamente in cerchio.

"I DEMONI DEL MEZZOGIORNO NELLA RADIZXIONE CRISTIANA: L'IPPOCENTAURO

"Anche le leggende cristiane attestano l'esistenza dei demoni meridiani, figure mostruose che presentavano molte affinità con quelle concepite dall'immaginario pagano ed erano in buona parte un'eredità delle credenze greche antiche. Nei racconti sulla vita di sant'Antonio, ad esempio, si parla dell'ippocentuaro, un essere per metà uomo e per metà cavallo, che aveva la consuetudine di apparire a mezzogiorno, sotto i raggi ardenti del sole e di terrorizzare il santo. Gli studiosi sostengono che questo mostro fosse una figura strettamente legata alle Sirene, le quali, nell'immaginario arabo, erano creature mostruose abitanti del deserto, raffigurate con corpo in parte umano e in parte equino.

"LA FIGURA DI DIANA-ARTEMIDE NELLE LEGGENDE MEDIEVALI

"D'altronde, l'ippocentauro non è l'unico essere demoniaco creato dall'immaginario cristiano su suggestione di una figura mitologica greca. Le leggende cristiane medievali, ad esempio, testimoniano l'esistenza di un altro demone, altrettanto temibile,che si manifestava nell'ora di mezzogiorno e che veniva chiamato col nome di Diana-Artemide, la dea-cacciatrice, sorella del dio Apollo. Questa figura mitologica, che già nell'antichità pagana presentava molti aspetti malefici (si credeva ad esempio che il suo sguardo, oltre a essere pericoloso per gli uomini, avesse anche il potere di rendere sterili gli alberi o di farne cadere a terra i frutti), veniva rappresentata dai cristiani come una specie di furia. Vestita da cacciatrice, con l'arco e le frecce appesi alle spalle, essa percorreva a mezzogiorno le selve, seguita da una muta di cani o accompagnata da un ampio stuolo di demoni: chi per caso si fosse imbattuto in lei, veniva immediatamente assalito dalla collera, da desideri illeciti e impuri, quando non si ammalava di sonnambulismo.

"LE STORIE DEL PRETE IMPICCATO E DEI DIAVOLI LANCIATORI DI PIETRE.

"Gli effetti che la visione di Diana-Artemide causava negli uomini sono molto diversi da quelli provocati dagli altri demoni meridiani, di cui parlano le leggende medievali e a cui gli autori cristiani attribuivano l'insorgere di impulsi diabolici nelle persone. Lo storico francese Gregorio di Tours (538-594), per esempio, racconta il caso di un prete mendicante, il quale, in pieno mezzogiorno, era stato assalito da un'entità demoniaca e si era impiccato con una fune in casa sua. Mezzogiorno è anche l'ora in cui si vedono i fantasmi e in cui il diavolo in persona appare nei panni di una monaca, talvolta insieme alle streghe sue compagne. Non meno nefasto il demone notturno (un'altra entità malefica che si manifestava intorno alla mezzanotte), il demone meridiano si poteva combattere ricorrendo a esorcismi, a scongiuri, incantesimi, di cui ci è pervenuto qualche esempio attraverso antichi manoscritti.

"I MONACI E L'ACCIDIA

"Fra le varie conseguenze attribuite dagli antichi all'influsso del demone meridiano, una delle più gravi era senza dubbio l'accidia, che aggrediva soprattutto i monaci rinchiusi nei conventi. Il religioso colpito da questa malattia veniva assalito dal disgusto per le sue occupazioni quotidiane, comprese le letture dei libri sacri, da una grande stanchezza e spesso da una fame lancinante. Le sue facoltà razionali erano completamente annebbiate, per cui gli riusciva difficile applicarsi allo studio, come a qualsiasi altra attività che richiedesse un benché minimo impegno. In questo stato di depressione temporanea ,il monaco diventava preda di brutti pensieri, in molti casi anche di desideri carnali e illeciti, che venivano severamente condannati dalla Chiesa. Questo spiega il motivo per cui l'accidia, che veniva chiamata anche 'demone meridiano', fosse considerata dai teologi l'effetto di un'opera diabolica e compresa nel novero dei sette peccati capitali."




pp. 236-237:

"Come i greci, anche i romani antichi possedevano un vasto repertorio di superstizioni, di cui una parte era stata importata dal mondo greco-orientale, un'altra era stata ereditata dagli etruschi, e un'altra, infine, era un prodotto locale, frutto dell'immaginazione spontanea di questo popolo. Le Lamie, per esempio, figure terrificanti particolarmente golose di bambini, di cui andavano a caccia, erano il corrispettivo della Mormò greca, raffigurata come una donna spaventosa con una gamba d'asino. I Lemuri, le ombre dei morti, erano invece un prestito della religione etrusca, maestra e guida di quella romana. Sii trattava di fantasmi, che vagavano nel mondo dei vivi, perché incapaci di vincere la loro attrazione per la vita terrena; oppure di anime di persone morte il cui corpo non era stato sepolto e onorato, come prevedevano i riti, e che continuavano a vagare sulla terra, per esortare i superstiti a seppellirne il cadavere, ponendo così fine alla loro pena.

"LUPI MANNARI, VAMPIRI, STREGHE E MOSTRI MARINI.

"La credenza negli spettri era diffusissima in Roma: c'erano case spiritate, che erano state in passato scenario di qualche delitto e che diventavano perciò la meta preferita dei fantasmi dei poveri assassinati, i quali avevano l'abitudine di frequentarle nottetempo, accompagnando le loro manifestazioni con fragore di ferro e di catene, Altre figure paurose, che compaiono accanto agli spettri nella classifica dei mostri romani, sono i lupi mannari, chiamati in latino versipelles. I lupi mannari erano uomini che, nottetempo, si trasformavano in lupi e, in queste sembianze, assalivano gli ovili, per far scorpacciate di pecore, prima di riprendere, con l'apparire del giorno, il loro aspetto umano. L'oscurità ,da sempre scenario prediletto dai fantasmi e dai demoni, offriva anche lo sfondo ideale per i voli notturni di certe vecchie streghe che, come testimonia anche lo scrittore Apuleio nelle sue Metamorfosi, conoscevano l'arte di trasformarsi in uccelli e svolazzavano, malefiche, nella notte, terrorizzando i passanti. Non meno temibili erano gli strani mostri dei mari settentrionali, mezzo uomini e mezzo belve, e l'uomo marino, molto temuto dai naviganti, il quale di notte saliva sulle navi e, con la sua mole gigantesca, le faceva inclinare. Naturalmente, dalla mitologia superstiziosa degli antichi romani , non potevano mancare i vampiri e le streghe, che sono presenze fisse nell'immaginario favoloso di tutti i popoli. La loro 'specialità' consisteva nel penetrare furtivamente nelle case dove si trovava qualche cadavere, che essi trafugavano, per poi deturparlo in vario modo, ad esempio…mangiandogli il naso!

"SUPERSTIZIONI, PRATICHE MAGICHE E…MALOCCHIO

"I romani antichi conoscevano anche una gran quantità di pratiche magiche e di rituali, che avevano lo scopo di prevenire eventuali disgrazie, di rendere propizie certe potenze oscure o di limitarne gli influssi dannosi. Una pratica molto diffusa era quella di scrivere sulle porte delle case una parola di origine etrusca, Arseverse, 'allontana il fuoco', al fine di scongiurare il pericolo degli incendi. Vi erano formule di incantesimo contro la grandine, contro malattie di ogni specie, persino contro le scottature, sulla cui efficacia abbiamo anche la testimonianza autorevole dello scienziato latino Plinio il Vecchio. Inciampare, uscendo, sulla soglia di casa, era considerato, ad esempio, di cattivo auspicio: il malcapitato avrebbe fatto meglio a ritornarsene in casa e a restarvi chiuso tutto il giorno, per evitare guai e incidenti incresciosi. Nominare un incendio durante un banchetto era considerata una grave imprudenza, a cui si poteva rimediare però buttando acqua sulla tavola. Anche fare brutti sogni alla vigilia di un appuntamento importante era considerato di cattivo augurio, per cui si suggeriva al sognatore di rinviare l'appuntamento a un'altra data, onde evitare brutte sorprese. Da buoni superstiziosi, i romani temevano anche il malocchio e cercavano di allontanarlo servendosi di amuleti di varia forma. Molto temuti erano anche i lampi, contro cui i romani usavano proteggersi con un sistema abbastanza strano, utilizzato, come ci informa Plinio il Vecchio, anche da altri popoli, e cioè…fischiettando.

"SUPERSTIZIONE E RELIGIONE

"L'atteggiamento superstizioso dei greci e dei romani testimonia di una visione della vita e di uno stile religioso molto diversi dai nostri. La superstizione, condannata in tutte le sue forme dal cristianesimo, per gli antichi rientrava perfettamente nel quadro dei normali rapporti fra uomo e divinità. Essi erano convinti che la divinità, nella sua profonda bontà e onniscienza, intendesse avvertire l'uomo di eventuali pericoli e si avvalesse di segni o presagi,allo scopo di avvisarlo che c'erano guai in vista. Inciampare, udire il canto malaugurante del gufo o della cornacchia, fare un cattivo sogno, erano, per la mentalità religiosa dei romani, dei veri e propri presagi, cioè dei segni con cui la divinità ci metteva in guardia contro un pericolo imminente. Solo gli uomini irreligiosi, che escludevano ogni intervento delle divinità nella vita umana, negavano a questi segni ogni valore di presagio e irridevano le superstizioni, considerandole un segno di ignoranza."