sabato 19 aprile 2008

Miti e leggende dello Stretto

Gazzetta del Sud, 19 giugno 1999
Incontro organizzato dal circolo culturale "L'Agorà"a Palazzo Piacentini
Miti e leggende dello Stretto
Presentato uno studio di Orlando Sorgonà
Domenico Grillone
Vengono portati ancora oggi in processione due giorni prima la festa dell'Assunta a Messina, e misurano da terra una decina di metri. Mata e Grifone, un uomo moro e una donna bianca costruiti in legno e cartapesta, da noi conosciuti come "u giganti e a gigantissa" , fanno parte di una antica tradizione popolare che li identifica come i fondatori della città di Messina. Ma sono altrettanto conosciuti anche a Reggio, dal momento che durante le festività mariane settembrine, sfilano lungo le vie della città. Pochi giorni addietro, durante i festeggiamenti per la Reggina, un'inedita "gigantissa" in maglia amaranto ha ballato per tutto il tempo assieme ai tifosi. Mata e Grifone sono solo un esempio di quei miti e leggende nell'area dello Stretto, una sottile striscia di mare attraversato dalle navi delle antiche civiltà fenicia, egiziana, greca, romana, dagli arabi, dalle flotte inglesi, francesi e spagnoli. E proprio su questi miti e leggende il circolo culturale "L'Agorà" ha organizzato un incontro nella sala congressi di palazzo Piacentini, al Museo della Magna Grecia. Con il supporto di alcune diapositive Orlando Sorgonà, responsabile del Centro studi del sodalizio organizzatore, ha condotto i presenti in un "viaggio" nell'immenso patrimonio mitologico presente nell'area dello Stretto. Sorgonà ha reso spunto da antichi classici e dalla tradizione orale di anziani pescatori, ma anche dalla toponomastica dei luoghi attraverso la quale ha approfondito le sue ricerche. Dalla sua dotta relazione abbiamo estratto alcune di queste leggende, quelle più interessanti, probabilmente conosciute da molti ma in maniera superficiale e senza quel supporto storico che contraddistingue lo studio del ricercatore. Leggende e miti, d'accordo, ma con interessanti riscontri storici. «In queste storie c'è sempre un fondo di verità», afferma Sorgonà, da anni in giro per la Calabria alla ricerca, attraverso le testimonianze dei più anziani, di qualsiasi elemento che possa confermare le sue ricerche.
Cominciamo quindi con Cola Pesce, la leggenda forse più conosciuta dalle nostre parti, il mitico "tuffatore" che affrontava le onde del mare in tempesta per soccorrere marinai: salvava i bambini e domava la furia di Scilla e Cariddi. Il suo nome, ovviamente, nel corso del tempo si trasformò in Pisci Nicola, Nicola Pesce, Piscicola. Nell'età rinascimentale venne chiamato Gialanti Pisci, con riferimento al Nettuno scolpito dal Montorsoli (la monumentale fontana che oggi si trova a Messina). Il "tuffatore" riaffiora nelle leggende popolari rivolte a dare corpo a un personaggio dalla connotazione reale, un uomo dalle straordinarie capacità natatorie tanto da competere con i pesci e che nel fondo del mare viveva come se fosse il suo elemento naturale, guidando le navi fuori dalle tempeste e, nello stretto di Messina, facilitando la navigazione. La sua impresa più famosa, secondo la leggenda, fu la periodica ispezione delle tre colonne che dal fondo del mare sostenevano Messina e addirittura Messina. Si trattava, come afferma Sorgonà, di una trasposizione fantasiosa legata all'ancestrale paura degli eventi sismici che periodicamente squassavano l'isola ed in modo particolare Messina. Il mito di Colapesce si vestiva però di presunta storicità durante la dominazione normanna. Lo scrittore medievale Gualtiero Maspes vantava di "Nicola Pipe" i famosi tuffi e lo poneva anche al centro di gare fra nuotatori per conquistare al corona regale o una borsa di monete che il monarca gettava in mare per dilettarsi, aumentando di volta in volta il premio. Sino a quando Cola, esausto, non aveva più la forza di emergere e la morte suggellava la fine di un gioco crudele.